Pregiudiziale amministrativa (Cass. Civ., Sezioni Unite, 23 dicembre 2008, n. 30254).
Il modo di intendere la giurisdizione, come potere riservato ad un giudice (ordinario ovvero amministrativo) di decidere su una controversia, esprimeva l’idea di una giustizia che si attua all’interno di “comparti” riservati a giudici “diversi”. Il ribaltamento del rapporto potere – cittadino, con la costituzionalizzazione del principio del giusto processo, porterà la Cassazione a ridefinire la giurisdizione come un diritto del cittadino più che come un potere riservato ad un giudice, chiamato adesso a rendere un servizo, ossia giustizia, in modo effettivo. Di questo mutato modo di concepire la giurisdizione sono testimonianza le pronunzie sulla translatio iudicii (Cass. Civ., Sezioni Unite, 22 febbraio 2007, n. 4109), sul giudicato implicito sulla questione pregiudiziale di giurisdizione (Cass. Civ., Sezioni Unite 9 ottobre 2008, n. 24883) e sulla pregiudiziale amministrativa (Cass. Civ., Sezioni Unite, 23 dicembre 2008, n. 30254).
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente -
Dott. VITTORIA Paolo - rel. Presidente -
Dott. PAPA Enrico - Presidente di sezione -
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Consigliere -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO DEL
RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell'avvocato PELLEGRINO Giovanni,
che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato DI MATTEO ELIA,
giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
PROVINCIA DI MANTOVA;
- intimata -
sul ricorso 12500/2008 proposto da:
PROVINCIA DI MANTOVA, in persona del Presidente pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo
studio dell'avvocato SPERATI RAFFAELE, che la rappresenta e difende
unitamente all'avvocato COLOMBO PAOLO, giusta delega a margine del
controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
G.M., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO DEL
RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell'avvocato PELLEGRINO GIOVANNI,
che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato DI MATTEO ELIA,
giusta delega a margine del controricorso al ricorso incidentale;
- controricorso al ricorso incidentale -
avverso la decisione n. 12/2007 della CONSIGLIO DI STATO, depositata
il 22/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
21/10/2008 dal Presidente Dott. PAOLO VITTORIA;
uditi gli avvocati Gianluigi PELLEGRINO, per delega dell'avvocato
Giovanni PELLEGRINO, Elia DI MATTEO, Paolo COLOMBO, Raffaele SPERATI;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. NARDI Vincenzo,
che ha concluso previa riunione, in via preliminare, dei due ricorsi
e previa declaratoria di ammissibilità del ricorso principale, per
il dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario; nel merito,
rigetto del primo motivo del ricorso principale; inammissibile il
secondo o in subordine accoglimento.
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - I fatti che hanno dato luogo al giudizio, iniziato davanti al TAR per la
Lombardia sezione staccata di Brescia, si possono così riassumere.
2.1. - La Provincia di Mantova, con Delib. giunta 30 aprile 1999, n. 119,
approva il progetto esecutivo della circonvallazione di (OMISSIS), ne dichiara
la pubblica utilità e fissa il termine di cinque anni, decorrenti dalla data
della delibera, per concludere i lavori ed il procedimento di espropriazione.
Seguono, il 18.12.2000, i decreti di occupazione di urgenza; il 26.10.2001,
l'immissione in possesso delle aree; il 6.3.2001 ed il 6.12.2002 la
determinazione delle dovute indennità provvisoria e definitiva.
2.2. - G.M., con il ricorso 1284/2000, unitamente ad altre parti, impugna i
decreti di occupazione.
Il TAR dispone una consulenza tecnica per accertare gli eventuali danni arrecati
alle aziende delle parti e la possibilità di seguire un percorso alternativo a
quello contestato comparando i rispettivi costi e benefici.
2.3. - Il 17.1.2005 è emesso il decreto di espropriazione, che G.M. impugna con
ricorso 476/2005.
2.4. - Il TAR, nei procedimenti riuniti, pronuncia la sentenza non definitiva
19.12.2005 n. 1342.
Quanto al ricorso 1284/2000 proposto per l'annullamento dei decreti di
occupazione, ne dichiara, in parte, l'improcedibilità, e ciò riguardo alla
domanda di annullamento, perchè si è intanto verificata l'irreversibile
trasformazione dei suoli, ed in parte ordina la prosecuzione del giudizio,
questo per la decisione sulla domanda di risarcimento del danno.
Accoglie il ricorso 476/2005 ed annulla il decreto di espropriazione, perchè
pronunciato dopo la scadenza del termine di efficacia della dichiarazione di
pubblica utilità.
3.1. - La Provincia di Mantova impugna la sentenza.
Sostiene, quanto al decreto di espropriazione, che è stato adottato quando la
dichiarazione di pubblica utilità era da ritenere fosse ancora efficace; per il
caso contrario, chiede sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice
amministrativo a conoscere della domanda di annullamento del decreto; chiede di
dichiarare inammissibile la domanda di risarcimento del danno.
La sentenza del TAR è anche impugnata con appello incidentale da G.M..
3.2. - La decisione non definitiva 19.6.2007 n. 1614 della sesta sezione del
Consiglio di Stato rigetta il motivo sulla permanente efficacia della
dichiarazione di pubblica utilità; rimette all'Adunanza plenaria l'esame degli
altri motivi d'appello, tra l'altro per la decisione della questione attinente
alla giurisdizione, che si pone quando il decreto d'espropriazione è pronunciato
una volta scaduta l'efficacia della dichiarazione di pubblica utilità.
3.3. - L'Adunanza plenaria, afferma la giurisdizione del giudice amministrativo,
rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale.
4. - La decisione 22.10.2007 n. 12 della Adunanza plenaria è impugnata da G.M..
Al ricorso resiste la Provincia di Mantova che propone anche ricorso
incidentale.
5. - Ambedue le parti presentano memorie.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Il ricorso principale e quello incidentale hanno dato luogo a distinti
procedimenti che debbono essere riuniti perchè relativi ad impugnazione della
stessa sentenza (art. 335 cod. proc. civ.).
2.1. - L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nella propria decisione, ha
prima dichiarato che parti del giudizio sono solo G.M. - che ha chiesto
l'annullamento del decreto di espropriazione e proposto domanda di risarcimento
del danno - e la Provincia di Mantova - che ha adottato il decreto di
espropriazione ed è il solo ente nei cui confronti la domanda di condanna al
risarcimento sia stata proposta.
Ha quindi anzitutto messo in rilievo che la pronuncia di accessione invertita,
per sè non impugnata da G.M., avrebbe impedito la restituzione delle aeree
coinvolte nella costruzione dell'opera. E questo perchè la strada era pressochè
terminata ed aperta al traffico già prima della data di cessazione di efficacia
della pubblica utilità.
Poi, ha sottolineato che il TAR non aveva reso alcuna pronuncia sulla domanda di
risarcimento del danno, "proposta e persino quantificata nel corso del relativo
grado di giudizio".
Erano perciò intempestive ed inammissibili le relative deduzioni e richieste
formulate dalle due parti in sede di appello.
2.2. - La questione di giurisdizione - sulla base di una pluralità di argomenti
- è stata risolta nel senso che, se è intervenuta la dichiarazione di pubblica
utilità e ad essa nel suo termine di efficacia seguono l'autorizzazione
all'occupazione di urgenza, l'occupazione e la trasformazione dei suoli
nell'opera pubblica, spetta al giudice amministrativo la giurisdizione sulle
domande di annullamento e risarcimento del danno: e ciò anche se le domande
vengono fondate sul fatto che il decreto di espropriazione è stato emesso dopo
che gli effetti della dichiarazione di pubblica h utilità sono cessati, per la
scadenza dei suoi termini finali.
2.3. - Tra i punti che l'Adunanza plenaria ha discusso è stato quello della c.d.
pregiudizialità amministrativa.
La plenaria ha bensì avvertito che si trattava di problema non pertinente - in
rapporto alla decisione sul ricorso al suo esame - se non per la sua connessione
con la questione di giurisdizione.
Tuttavia, posti in rilievo i singoli argomenti di carattere storico giuridico e
logico che convincevano della necessità di riaffermazione del principio della
pregiudizialità, anche in considerazione di questo ha enunciato in tema di
giurisdizione la conclusione che si è prima riferita.
3.1. - Il ricorso principale contiene tre motivi; quello incidentale uno: tutti
sono corredati del quesito di diritto richiesto a pena di inammissibilità
dall'art. 366 cod. proc. civ., n. 4) e art. 366 bis cod. proc. civ..
3.2. - Secondo l'ordine delle questioni deve essere esaminato per primo il
ricorso incidentale.
La Provincia di Mantova vuole sia dichiarata la giurisdizione del giudice
ordinario.
Alle Sezioni unite si chiede di enunciare il principio di diritto per cui "le
controversie in materia di occupazione appropriativa relative al caso in cui il
decreto di esproprio sia emanato quando la dichiarazione di pubblica utilità ha
cessato di dispiegare i propri effetti e quando peraltro il fondo oggetto del
decreto medesimo ha visto modificata irreversibilmente l'originaria destinazione
a favore della destinazione ad opera pubblica, sono devolute alla giurisdizione
del giudice ordinario".
L'accoglimento del ricorso incidentale comporterebbe come conseguenza
l'assorbimento del ricorso principale.
3.3. - Nel ricorso principale, in cui si sostiene che bene è stata affermata la
giurisdizione del giudice amministrativo, si osserva che però una pronuncia sul
fondo della domanda di risarcimento tuttora pendente davanti al TAR può
incontrare ostacolo nelle considerazioni svolte della decisione del Consiglio di
Stato sul punto della pregiudizialità amministrativa.
Lo si paventa per la ragione che - secondo la decisione impugnata - il giudice
amministrativo non può impartire tutela risarcitoria per gli interessi legittimi
se non in presenza di una pronuncia di annullamento dell'atto lesivo.
Ma, obietta la Provincia, che la decisione di annullamento del decreto di
espropriazione è già passata in giudicato, sicchè le considerazioni sulla
pregiudizialità, pur svolte nella decisione, non limitano i poteri di decisione
del TAR circa la domanda di risarcimento.
Chiede dunque che il ricorso sia dichiarato inammissibile per difetto di
interesse.
3.4. - I tre motivi per cui è chiesta la cassazione con il ricorso principale
propongono i quesiti che seguono.
A conclusione del primo, la parte chiede alle Sezioni unite di affermare che "la
questione in ordine alla conoscibilità della domanda risarcitoria a prescindere
dall'utile esperimento della domanda di annullamento sull'atto lesivo rientra
tra quelle proponibili ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1) e art. 362 c.p.c.".
Si tratta, dunque, non di un motivo di ricorso, ma della giustificazione della
sua ammissibilità.
Gli argomenti cui si affida sono quelli svolti da queste i Sezioni unite nelle
ordinanze nn. 13659 e 13660 del 13 giugno 2006.
Al secondo motivo corrisponde un quesito con il quale si chiede alle Sezioni
unite di affermare che, siccome sulla domanda di risarcimento rivolta al TAR non
è stata resa alcuna decisione, il Consiglio di Stato, peraltro non investito a
riguardo di tale domanda da un motivo di appello, non ha il potere
giurisdizionale di pronunciarsi direttamente su tale domanda.
Il terzo motivo è formulato a partire dal presupposto che la regola per cui la
tutela risarcitoria possa essere impartita dal giudice amministrativo solo se
prima l'atto amministrativo lesivo sia stato annullato potrebbe ostacolare
l'accoglimento della domanda di risarcimento proposta con il ricorso in
annullamento dei decreti di occupazione d'urgenza, perchè la domanda è stata
bensì proposta, ma il ricorso è stato dichiarato improcedibile, per la
sopravvenuta irreversibile trasformazione dei beni, sicchè l'annullamento dei
decreti d'occupazione è mancato.
Il quesito che conclude il motivo è volto a che sia affermato il principio di
diritto, per cui, ai fini della conoscibilità della domanda risarcitoria, il
previo annullamento dell'atto amministrativo non è necessario.
4.1. - La considerazione svolta dalla Provincia di Mantova per dire
inammissibile il ricorso principale, ovverosia che l'annullamento del decreto di
espropriazione è già passato in giudicato, dovrebbe impedire prima di tutto
l'esame del suo ricorso.
Ma, da un lato, la sentenza del TAR non era passata in giudicato, perchè la
Provincia l'ha impugnata sostenendo anche che era stata emessa da giudice
carente di giurisdizione, dall'altro la sesta sezione del Consiglio di Stato ha
rigettato un diverso motivo di appello, quello volto a far accertare che,
diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, l'efficacia della
dichiarazione di pubblica utilità non era esaurita alla data di emissione del
decreto di esproprio. Ha perciò rigettato un motivo intrinseco alla
giurisdizione del giudice amministrativo, affermata e non negata, motivo
orientato inoltre al rigetto nel merito della domanda G. di annullamento del
decreto di espropriazione e non ad un rigetto per difetto di giurisdizione.
Ciò premesso, il motivo per cui la Provincia di Mantova ha chiesto la cassazione
della decisione non è fondato.
4.2. - La domanda da G.M. è stata proposta con ricorso del 2005, per ottenere
l'annullamento di un decreto d'espropriazione emesso il 17.1.2005, in un
procedimento all'inizio del quale si colloca una dichiarazione di pubblica
utilità pronunciata il 30.4.1999.
L'annullamento è stato chiesto perchè, quando si è emesso il decreto,
l'efficacia della pubblica utilità era esaurita.
Orbene, il provvedimento impugnato si inserisce in un procedimento
caratterizzato dall'iniziale presenza di una dichiarazione di pubblica utilità,
cui sono seguite l'occupazione di urgenza e la esecuzione dell'opera pubblica.
Questi elementi di fatto ed i suoi dati temporali collocano la controversia
nell'area della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, configurata
dalla disposizione, che la L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, ha reintrodotto
nel D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34 ed è entrata in vigore a decorrere dal
10.8.2000.
Di questa norma la Corte costituzionale ha dichiarato la parziale illegittimità
costituzionale con la sentenza 6 luglio 2004 n. 204.
Ma, tenendo conto dell'interpretazione che della portata della propria sentenza
la Corte Costituzionale ha dato con la successiva sentenza 191 dell'11 maggio
2006, quando ha dichiarato la parziale illegittimità del D.P.R. 8 giugno 2001,
n. 327, art. 53 (T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di espropriazione per pubblica utilità), queste Sezioni unite hanno
successivamente e in modo reiterato affermato che la giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, risultante dalla disposizione richiamata, s'estende alle
controversie contro atti e comportamenti, che costituiscano esecuzione di
precedenti manifestazioni in forma provvedimentale di potere ablatorio in
relazione al bene di cui si discute.
E così, mentre è stata ritenuta appartenere alla giurisdizione ordinaria la
domanda intesa alla restituzione d'un fondo occupato dopo che l'efficacia della
dichiarazione di pubblica utilità è scaduta (Sez. Un. 16 luglio 2008 n. 19501),
è stato per contro affermato che appartengono alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo le domande cui da origine l'emissione di un decreto di
espropriazione, pur esso sopravvenuto ad efficacia della dichiarazione di
pubblica scaduta, ma quando l'occupazione e trasformazione dei fondi si sono
consumate prima, com'è nel caso in esame, che ha come antefatto una
dichiarazione di pubblica utilità non impugnata, nel cui quadro si è prodotto un
fenomeno di occupazione appropriativa (tra le più recenti decisioni in tal
senso: Sez. un. 15 luglio 2008 n. 19500; 23 aprile 2008 n. 10444; cui si può
aggiungere la sentenza 27 giugno 2007 n. 14794).
5.1. - Con il rigetto del ricorso della Provincia di Mantova che consegue alla
dichiarata infondatezza del motivo appena discusso, s'è realizzato quel
passaggio in giudicato del capo della sentenza del TAR, di annullamento del
decreto di espropriazione, al quale, come si è detto prima, la Provincia
ricollegava l'inammissibilità del ricorso G., per difetto di interesse.
5.2. - A questo riguardo si deve osservare che, se G. avesse proposto domanda
volta al solo risarcimento del danno prodottogli dalla irreversibile
trasformazione del bene, rimasta non coperta dagli effetti del decreto di
espropriazione, l'esito prospettato dalla Provincia sarebbe stato
incontestabile.
A G. non si sarebbe potuto riconoscere alcun interesse a ridiscutere il punto se
il giudice amministrativo possa erogare la tutela risarcitoria in assenza di un
annullamento dell'atto che la parte assume illegittimo e lesivo.
Ma, dalle decisioni del Consiglio di Stato emerge che una domanda di danni è
stata anche proposta in connessione con quella di annullamento dei decreti di
occupazione.
Nella misura in cui l'esame del fondo di questa domanda possa risultare
pregiudicata dalle considerazioni che il Consiglio di Stato ha svolto a
proposito della questione della pregiudizialità amministrativa, l'interesse del
ricorrente principale a mettere in discussione il punto non può essere già in
tesi negato.
5.3. - Tuttavia, dei tre motivi di ricorso, il primo non denunzia un vizio della
decisione impugnata, ma serve a sollecitare le Sezioni unite ad esercitare sulla
decisione impugnata il sindacato preannunziato nelle ordinanze nn. 13659 e 13660
del 13 giugno 2006 e 13911 del 15 giugno 2006, ed in ciò incontra il dissenso
della Provincia di Mantova.
Sicchè il punto dovrà essere discusso se ed in quanto altri motivi di ricorso si
riveleranno ammissibili.
5.4. - Ora, il secondo motivo è inammissibile.
Come vizio attinente alla giurisdizione è denunziato in effetti un vizio che
concerne il procedere e non il decidere.
E questo, perchè il vizio non riguarda le condizioni in presenza delle quali la
tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi verso la pubblica
amministrazione è affidata dalla Costituzione o dalla legge ordinaria al giudice
amministrativo, anzichè ad un altro giudice ordinario o speciale, ma riguarda i
presupposti processuali che debbono essere verificati nel caso concreto perchè
sorga nei giudici amministrativi aditi, di primo o di secondo grado, il dovere
di pronunciare sulla domanda di giustizia.
Sicchè, se il giudice amministrativo di appello, errando nella applicazione
delle norme che regolano il procedimento davanti a sè, non già eroga o rifiuta
di erogare la tutela giurisdizionale che gli è affidata, ma ritiene di doverlo
fare sebbene manchino gli specifici presupposti per un suo intervento dopo di
quello del giudice di primo grado e non prima di quello, il vizio della sua
decisione non si presta ad essere sindacato.
5.5. - Il terzo motivo di ricorso non riguarda invece il procedere ma il
decidere.
Se, all'esito della discussione sulla questione già esaminata da queste Sezioni
unite con le ordinanze del 2006, si pervenisse a confermare quell'indirizzo, il
motivo dovrebbe essere scrutinato nel merito.
Ma resta ancora da verificare un punto.
Ed il punto è se, una volta che la decisione pronunciata dalla Adunanza plenaria
contiene considerazioni sulla questione della pregiudizialità amministrativa e
su tali considerazioni è stata anche basata la decisione sulla questione di
giurisdizione, spetti o no alle Sezioni unite verificare se esse hanno o no
assunto valore decisorio.
La risposta è che questa verifica rientra nei poteri delle Sezioni unite ed essa
si deve concludere in senso negativo, nel senso, cioè, che manca nella decisione
del Consiglio di Stato una pronuncia sulla domanda risarcitoria.
La verifica rientra nei poteri delle Sezioni unite perchè esse sono richieste di
pronunciarsi su un ricorso per Cassazione e quindi spetta loro individuare prima
di ogni altra cosa se la sentenza impugnata presenti il capo che si assume
viziato e perciò in un caso di ricorso contro decisione del Consiglio di Stato,
una pronuncia che, in combinazione con quella di primo grado, sia di
accoglimento o rigetto di una domanda e poi se tale decisione sia viziata sotto
l'opposto profilo d'aver accordato o rifiutato una tutela estranea od al
contrario di competenza di quell'ordine di giudici.
Ora, il Consiglio di Stato ha bensì desunto argomento dalla pregiudizialità
amministrativa, ritenuta un tratto caratterizzante della tutela giurisdizionale
attribuita al giudice amministrativo, per coonestare l'affermazione della
giurisdizione, ma ciò con riferimento alla domanda introdotta con il ricorso in
annullamento del decreto di espropriazione e non anche in riferimento a quella
risarcitoria introdotta con il ricorso in annullamento dei decreti di
occupazione, che ha specificamente detto proposta e non decisa, neppure sotto il
profilo della ammissibilità.
E conferma di ciò si trae da più elementi per vero decisivi.
Il Consiglio di Stato ha espressamente rilevato che il TAR non s'era pronunciato
sulla domanda risarcitoria (ed al riguardo ha richiamato, per dire proposta la
domanda, le istanze 23.2. e 29.10.2001 di G., inerenti al ricorso contro i
decreti di occupazione).
Ha esaminato in aggiunta al motivo di cui al punto 6, già scrutinato dalla sesta
sezione, quelli di cui ai punti 4 e 5, afferenti all'annullamento del decreto di
espropriazione.
Infine, siccome si trattava non di un caso in cui la domanda risarcitoria era
stata proposta senza che lo fosse stata quella di annullamento, ma di una
domanda proposta in seguito a quella di annullamento e questa era stata
dichiarata improcedibile non per comportamenti processuali riconducibili al
ricorrente, ma per la sopravvenuta irreversibile trasformazione del fondo, il
Consiglio di Stato, se avesse inteso riferire la disamina del tema della
pregiudizialità anche a quella domanda e con effetti decisori non avrebbe
mancato di interrogarsi sul modo d'intendere il principio, come necessità di una
tempestiva domanda di annullamento o come necessità, in assenza di un
annullamento in sede amministrativa, di un accertamento principale di
illegittimità dell'atto lesivo in sede giurisdizionale.
Anche quest'ultimo motivo lo sì deve allora considerare inammissibile.
6. - Il ricorso principale è in conclusione nel suo complesso inammissibile.
Tuttavia non è esaurito il dovere della sezioni unite di pronunciarsi sui
ricorsi.
7. - La Corte osserva, infatti, che l'istituto della pregiudizialità
amministrativa nei suoi rapporti con la tutela risarcitoria degli interessi
legittimi si presenta oggi come questione rilevante e di particolare importanza.
Essa si presterà dunque ad essere discussa dalle Sezioni unite in vista della
enunciazione di un apposito principio di diritto, in applicazione dell'art. 363
cod. proc. civ., come già è stato fatto in tema di giurisdizione con la sentenza
28 dicembre 2007 n. 27187, se ne risulterà dimostrato che si tratta di questione
che rientra nel sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione, cui l'art. 111
Cost., u.c., assoggetta anche le decisioni del Consiglio di Stato e che l'art.
374 cod. proc. civ., comma 1, in relazione all'art. 362 cod. proc. civ., comma
1, attribuisce alla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, attraverso il mezzo del
ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione.
8.1. - Prima di accingersi a tale indagine, conviene delimitare lo stesso ambito
della questione.
E' implicito in quanto si è già osservato, che il campo in cui la questione ha
ragione di porsi non coincide con l'intero ambito della giurisdizione del
giudice amministrativo, perchè, pur quando la controversia concerne una materia
di giurisdizione esclusiva, di pregiudizialità amministrativa si può discorrere
solo se si lamenti che la P.A. ha sacrificato o non realizzato un interesse con
un suo provvedimento illegittimo, non anche quando un diritto è stato
sacrificato con un comportamento, che pur si iscriva in una serie presidiata da
un originario atto di esercizio di potere amministrativo.
Perchè questo, come è stato già posto in rilievo con la ordinanza 27 giugno 2007
n. 14794 della Corte a Sezioni Unite, può assumere i caratteri di un fatto
giuridico che rileva nel senso di attrarre la controversia all'area della
giurisdizione esclusiva, ma non anche di fatto che muta in quella di interesse
legittimo la qualificazione come diritto soggettivo che spetta alla situazione
sacrificata ed in attesa di tutela.
Detto questo, si nota che la questione muove da un presupposto che oggi si può
considerare non più in discussione e condiviso anche da buona parte della
giurisprudenza sia del Consiglio di Stato che dei Tribunali amministrativi
regionali.
La L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, comma 3 - dopo le modifiche che vi sono
state apportate con il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 35 e con la L. 21
luglio 2000, n. 205, art. 7 - dispone che il tribunale amministrativo regionale,
nell'ambito della sua giurisdizione e perciò pure nell'ambito della sua
giurisdizione di legittimità conosce anche di tutte le questioni relative
all'eventuale risarcimento del danno.
La Corte costituzionale, prima con la sentenza 6 luglio 2004 n. 204 poi con la
sentenza 11 maggio 2006 n. 291, ha segnalato il fondamento di legittimità di
questa attribuzione e lo ha indicato nell'art. 24 Cost., perciò nel principio di
effettività della tutela giurisdizionale, il quale richiede che il giudice cui è
affidata la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi nei confronti della
pubblica amministrazione sia munito di adeguati poteri.
Sia il Consiglio di Stato e sia questa Corte a Sezioni Unite hanno in seguito
affermato, in modo costante e coerente, che spetta al giudice amministrativo, in
presenza di atti della P.A., espressione di potere, ma connotati da
illegittimità e di fatto lesivi, dare tutela al privato anche in forma
risarcitoria.
Ragione di permanente incertezza deriva invece dal dissenso tra le Corti su un
diverso punto.
Questa Corte, a sezioni unite, con le ordinanze nn. 13659 e 13660 del 2006 ha
affermato che, di fronte ad un atto della P.A. che ne sacrifica l'interesse o
manca di realizzarlo, la parte, che ha l'onere di rivolgersi al giudice
amministrativo per ottenere tutela, può scegliere di chiedere il solo
risarcimento del danno.
Per contro, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la decisione che s'è
esaminata, ha ribadito l'orientamento per cui la tutela risarcitoria degli
interessi legittimi presuppone che la illegittimità sia accertata e perciò,
quando l'atto non sia stato già annullato, in sede amministrativa o dal giudice,
la domanda risarcitoria non può essere da lui esaminata, se non in presenza di
una tempestiva domanda di annullamento.
8.2. - La Corte, a sezioni unite, nelle ordinanze del 2006, attinta la
conclusione che la L. 21 luglio 2000, n. 2005, all'art. 7 ha dato al giudice
amministrativo la giurisdizione sulla domanda autonoma di risarcimento del
danno, ha osservato: - "Tutela risarcitoria autonoma significa tutela che spetta
alla parte per il fatto che la situazione soggettiva è stata sacrificata da un
potere esercitato in modo illegittimo e la domanda con cui questa tutela è
chiesta richiede al giudice di accertare l'illegittimità di tale agire. Questo
accertamento non può perciò risultare precluso dalla inoppugnabilità del
provvedimento nè il diritto al risarcimento può essere per sè disconosciuto da
ciò che invece concorre a determinare il danno, ovvero la regolazione che il
rapporto ha avuto sulla base del provvedimento e che la pubblica amministrazione
ha mantenuto nonostante la sua illegittimità. Dunque il rifiuto della tutela
risarcitoria autonoma, motivato sotto gli aspetti indicati, si rivelerà
sindacabile attraverso il ricorso per Cassazione per motivi attinenti alla
giurisdizione".
Più di recente, questa impostazione è stata ribadita dalle Sezioni unite nella
ordinanza 16 novembre 2007 n. 23471, in sede di regolamento preventivo di
giurisdizione in relazione a domanda risarcitoria autonoma proposta a giudice
ordinario, senza che fosse stato chiesto al giudice amministrativo
l'annullamento dell'atto lesivo.
Tuttavia l'impostazione non ha trovato unanimi consensi con la conseguenza che
su di essa è dunque necessaria un'ulteriore riflessione.
9. - Contro le decisioni della Corte dei Conti e del Consiglio di Stato il
ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione -
così il terzo comma dell'art. 111 Cost., divenuto l'ottavo dopo la L. Cost. 23
novembre 1999, n. 2, "Inserimento dei principi del giusto processo nell'art. 111
Cost.".
La norma delimita ed al tempo stesso descrive, attraverso l'espressione "per i
soli motivi inerenti alla giurisdizione", l'ambito ed i limiti del sindacato per
violazione di legge che la Corte a Sezioni Unite può compiere anche sulle
sentenze dei giudici speciali, quando ad essere impugnata è una decisione del
giudice amministrativo.
Primo e necessario interprete della norma è la stessa Corte, chiamata a
conformare l'esercizio del suo potere giurisdizionale in questo campo sul
significato che all'espressione deve essere riconosciuto.
10.1. - Anche a proposito di questa norma, l'interpretazione deve tenere conto
della evoluzione che nel tempo l'ordinamento, nel suo complesso, ha conosciuto.
Evoluzione caratterizzata da una molteplicità di fattori.
Tra questi, il rapporto tra diritto comunitario ed ordinamento interno ed il
ruolo della giurisdizione nel rendere effettivo il principio del primato del
diritto comunitario; la rimozione del limite alla tutela risarcitoria degli
interessi legittimi, la caduta del limite dei diritti consequenziali in rapporto
alla tutela risarcitoria dei diritti nell'ambito della giurisdizione esclusiva e
l'estensione ai diritti consequenziali d'ogni forma di tutela pertinente alla
giurisdizione del giudice amministrativo; la coeva progressiva espansione della
giurisdizione esclusiva (rispetto alle nove ipotesi regolate dal R.D. 22 giugno
1924, n. 1054, art. 29 (T.U.)); il rilievo assunto dal canone della effettività
della tutela e dal principio di unità funzionale della giurisdizione nella
interpretazione del sistema ad opera della giurisprudenza e della dottrina; la
riaffermazione del rilievo costituzionale del principio del giusto processo; il
nuovo ruolo assunto nell'ordine delle fonti dal diritto pattizio internazionale;
l'emersione, come corollario del principio di effettività, della regola di
conservazione degli effetti prodotti sul piano processuale e sostanziale dalla
domanda di giustizia.
10.2. - Giurisdizione - è stato osservato da più parti - è termine che può
essere inteso in diversi modi.
Nel tessuto della Costituzione non è oggi possibile dubitare che per
giurisdizione deve essere inteso non in sè il potere di conoscere di date
controversie, attribuito per una specifica parte a ciascuno dei diversi ordini
di giudici di cui l'ordinamento è dotato, ma quel potere che la legge assegna e
che è conforme a Costituzione che sia assegnato ai giudici perchè risulti
attuata nel giudizio la effettività dello stesso ordinamento.
Giurisdizione, nella Costituzione, per quanto interessa qui, è termine che va
inteso nel senso di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi e
dunque in un senso che comprende le diverse tutele che l'ordinamento assegna ai
diversi giudici per assicurare l'effettività dell'ordinamento.
Che ciò sia si desume dalla convergenza di più norme della Costituzione: l'art.
24 Cost., comma 1, che guarda ai diritti ed agli interessi, sia come situazioni
giuridiche di cui le parti sono titolari sia come oggetto del diritto delle
parti di agire in giudizio per la tutela di tali situazioni di interesse
sostanziale protette dall'ordinamento; l'art. 113 Cost., commi 1 e 2, da cui si
trae che la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi, contro gli
atti della pubblica amministrazione, da un lato è sempre ammessa dinanzi agli
organi di giurisdizione amministrativa, dall'altro non può essere limitata a
particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti; l'art.
111 Cost., comma 1, che, mediante i principi del giusto processo e della sua
ragionevole durata, esprime quello di effettività della tutela giurisdizionale.
Se attiene alla giurisdizione l'interpretazione della norma che l'attribuisce,
vi attiene non solo in quanto riparte tra gli ordini di giudici tipi di
situazioni soggettive e settori di materia, ma vi attiene pure in quanto
descrive da un lato le forme di tutela, che dai giudici si possono impartire per
assicurare che la protezione promessa dall'ordinamento risulti realizzata,
dall'altro i presupposti del loro esercizio.
10.3. - Interessa qui dare giustificazione dell'assunto, che è norma sulla
giurisdizione non solo quella che individua i presupposti dell'attribuzione del
potere giurisdizionale, ma anche quella che da contenuto al potere stabilendo
attraverso quali forme di tutela esso si estrinseca.
La giustificazione può essere svolta avendo riguardo alla tutela risarcitoria
come aspetto della giurisdizione esclusiva.
10.4. - La Legge TAR, art. 7, comma 3 - riproducendo nella sostanza la
disposizione contenuta nel R.D. n. 1054 del 1924, art. 30, comma 2, sul
Consiglio di Stato - aveva stabilito che nelle materie deferite alla
giurisdizione esclusiva dei tribunali amministrativi restavano riservate
all'autorità giudiziaria le questioni attinenti a diritti patrimoniali
consequenziali alla pronuncia di illegittimità dell'atto o provvedimento contro
cui si ricorre.
Ma, intervenuto la L. 19 febbraio 1992, n. 142, art. 13, in adempimento degli
obblighi comunitari ed affermatosi con la sentenza 22 luglio 1999 n. 500 delle
sezioni unite il principio per cui, di fronte ad un esercizio illegittimo della
funzione pubblica, diritto al risarcimento del danno ingiusto v'era in presenza
del sacrificio di una qualsiasi situazione di interesse rilevante da cui fosse
derivato danno, la tutela risarcitoria era divenuta ammissibile davanti al
giudice ordinario come tutela autonoma, salvi i casi di giurisdizione esclusiva
estesa ai diritti consequenziali.
La disposizione è poi ricaduta nell'ambito di applicazione della norma abrogante
dettata dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 35, comma 5, sostituito dalla L. n. 205
del 2000, art. 7, lett. c), con cui si è stabilito che fosse abrogata ogni
disposizione che prevedeva la devoluzione al giudice ordinario delle
"controversie sul risarcimento del danno conseguente all'annullamento di atti
amministrativi".
Con la L. n. 205 del 2000, art. 7, lett. c), è stato anche sostituito il D.Lgs.
n. 80 del 1998, art. 35, comma 1, ed è stato stabilito che "Il giudice
amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva,
dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento
del danno ingiusto".
10.5. - Orbene, a proposito della legittimità costituzionale dell'art. 35, comma
1, si deve muovere dal considerare quanto ha osservato la Corte Costituzionale
non solo nelle sentenze 204 del 2004 e 191 del 2006, ma anche nella sentenza 77
del 2007.
La sentenza della Corte sul tema della translatio iudicii - che trae le
conseguenze dal parallelo attuale significato della competenza e della
giurisdizione - si presenta innervata da tre ordini di considerazioni.
La pluralità dei giudici costituisce una articolazione interna di un sistema di
organi nel suo complesso deputato a dare una risposta di merito alla domanda di
tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi.
Se la tutela giurisdizionale deve essere effettiva e tanto più riesce ad esserlo
in quanto siano messe a frutto le distinte competenze dei vari ordini di
giudici; una volta che la domanda di giustizia sia formulata; le norme
processuali, che sono destinate ad assicurare il rispetto della garanzia
costituzionale del giudice naturale in funzione della migliore decisione,
debbono prevedere i congegni che consentono di riparare l'errore compiuto della
parte nella scelta del giudice, ma anche di superare l'errore del giudice nel
denegare la giurisdizione, perchè altrimenti il diritto alla tutela
giurisdizionale risulterebbe frustrato dalle stesse norme che sono ordinate al
suo migliore soddisfacimento.
Come a questa esigenza è informato il sistema delle norme che presiedono alla
distribuzione delle competenze nell'ambito dello stesso ordine di giudici, così
gli artt. 24 e 111 Cost., impongono che ciò sia per il sistema delle norme che
regolano il riparto della competenza giurisdizionale tra i diversi ordini di
giudici.
I principi di unità funzionale della giurisdizione e di effettività della tutela
giurisdizionale sono anche alla base delle precedenti decisioni in tema di
giurisdizione esclusiva.
Nella sentenza 191 del 2006 la Corte costituzionale ha messo in rilievo
l'importanza dell'osservazione già fatta nella sentenza 204 del 2004: non
costituire altra materia di giurisdizione esclusiva l'attribuzione al giudice
amministrativo del potere di risarcire il danno subito dalla parte a causa delle
illegittime modalità di esercizio della funzione amministrativa.
E da un lato ne ha descritto il valore, di "attribuzione alla giurisdizione
amministrativa della tutela risarcitoria - non a caso con la medesima ampiezza,
e cioè sia per equivalente sia in forma specifica, che davanti al giudice
ordinario"; da altro lato ne ha rinvenuto il fondamento di legittimità
costituzionale "nella esigenza, coerente con i principi costituzionali di cui
agli artt. 24 e 111 Cost., di concentrare davanti ad un unico giudice l'intera
tutela del cittadino avverso le modalità di esercizio della funzione pubblica",
(all'uopo richiamando la sentenza 22 luglio 1999 n. 500/SU di questa Corte).
10.6. - Il senso di quest'impostazione - secondo la spiegazione che ne ha dato
la Corte Costituzionale - sta in ciò che, siccome giudice naturale della
legittimità della funzione pubblica è il giudice amministrativo, gli artt. 24 e
111 Cost., che postulano l'effettività della tutela giurisdizionale, vengono a
porsi come una sufficiente base di legittimazione sul piano costituzionale per
una scelta, che trascende la qualificazione sostanziale della pretesa
risarcitoria, per concentrare davanti ad un unico giudice l'intera tutela del
cittadino avverso le modalità di esercizio di quella funzione.
10.7. - La giustificazione che sul piano costituzionale quella Corte ha dato a
proposito delle disposizione dettata dall'art. 35, comma 1, e che l'ha condotta
a negare che la domanda del cittadino vada rivolta al giudice ordinario per ciò
solo che abbia come oggetto esclusivo il risarcimento del danno è stata dunque,
che essa è valsa a realizzare una giurisdizione piena del giudice della funzione
pubblica in nome della effettività della tutela giurisdizionale dei diritti e
degli interessi di fronte alla pubblica amministrazione.
10.8. - Orbene, quando dal giudice amministrativo si afferma che la tutela
risarcitoria può essere somministrata dal quel giudice, in presenza di atti
illegittimi della pubblica amministrazione, solo se gli stessi siano stati
previamente annullati in sede giurisdizionale o di autotutela, si finisce col
negare in linea di principio che la giurisdizione del giudice amministrativo
includa nel suo bagaglio una tutela risarcitoria autonoma, oltre ad una tutela
risarcitoria di completamento.
E perciò, presupposto, in ipotesi, che rientri nei poteri del giudice
amministrativo erogare la tutela risarcitoria autonoma, il rigetto della
relativa domanda, si risolve in un rifiuto di erogare la relativa tutela.
Ed infatti, tale rifiuto dipenderebbe non da determinanti del caso concreto sul
piano processuale o sostanziale, ma da un'interpretazione della norma
attributiva del potere di condanna al risarcimento del danno, che approda ad una
conformazione della giurisdizione da cui ne resta esclusa una possibile forma.
Ma ciò si traduce in menomazione della tutela giurisdizionale spettante al
cittadino di fronte all'esercizio illegittimo della funzione amministrativa ed
in una perdita di quella effettività, che ne ha giustificato l'attribuzione al
giudice amministrativo.
11.1. - Rientra d'altra parte nello schema logico del sindacato per motivi
inerenti alla giurisdizione l'operazione che consiste nell'interpretare la norma
attributiva di tutela, per verificare se il giudice amministrativo non rifiuti
lo stesso esercizio della giurisdizione, quando assume della norma
un'interpretazione che gli impedisce di erogare la tutela per come essa è
strutturata, cioè come tutela risarcitoria autonoma.
11.2. - E' pacifico, invero, che possibile oggetto di sindacato per motivi
inerenti alla giurisdizione sia anche la decisione che neghi la giurisdizione
del giudice adito.
11.3. - Storicamente, la problematica del giudizio sulla questione di
giurisdizione si è venuta costruendo come problema di riparto tra le
giurisdizioni.
La più diffusa esperienza giurisprudenziale sull'argomento si è avuta riguardo
al confronto tra la giurisdizione del giudice ordinario, che è una giurisdizione
sul rapporto, e quella del giudice amministrativo, che, nata come giurisdizione
sull'atto, nel quadro non più di una giurisdizione speciale, si va anch'essa
trasformando in una giurisdizione sul rapporto, specie sotto il profilo della
tutela risarcitoria, dopo il crollo del muro della irrisarcibilità
dell'interesse legittimo.
Il modello della giurisdizione esclusiva solo con la legge sui TAR ha preso ad
essere effettivamente impiegato dal legislatore in campi diversi da quello,
precipuo, delle controversie traenti origine dal rapporto di pubblico impiego e
così lo stabilire se i giudici dei due ordini avevano sbagliato nell'esercitare
o rifiutare di esercitare la giurisdizione s'è tradotto nel compiere, in base
all'ordinamento ed alla interpretazione della pertinente norma di
qualificazione, l'operazione d'attribuire alla concreta situazione giuridica
dedotta in giudizio come oggetto di tutela la natura di diritto soggettivo od
interesse legittimo.
Lo strumento logico che ne è risultato forgiato - consistente nel verificare se
la decisione abbia attuato un "superamento dei limiti esterni della
giurisdizione" - ha assunto in questo modo il significato di una certificazione
di correttezza dell'operazione ermeneutica compiuta dal giudice, se ed in quanto
condotta al solo livello di qualificazione, della situazione soggettiva dedotta
in giudizio, alla stregua del diritto oggettivo.
Le norme sulle diverse fattispecie di giurisdizione esclusiva, delineando il
loro ambito di applicazione in base alla presenza di fattori ulteriori rispetto
alla situazione soggettiva di interesse legittimo hanno comportato invece la
necessità di estendere l'opera di qualificazione dei fatti oggetto di giudizio a
quelli cui la norma attributiva di giurisdizione ha assegnato la portata di
delimitare l'ambito delle controversie costituenti la materia di giurisdizione
esclusiva.
Ma, pur così ampliato il campo del suo impiego, la regola dei limiti esterni è
in grado di servire allo scopo di espungere dall'area dei motivi attinenti alla
giurisdizione ogni segmento del giudizio che si rivela estraneo alla
ricognizione della portata della norma che attribuisce giurisdizione,
ricognizione che costituisce invece l'oggetto su cui al giudizio del giudice
amministrativo si può sovrapporre, modificandolo, quello della Corte di
Cassazione a sezioni uniteli.
4. - Peraltro, come mostra nel campo della giurisdizione di merito il caso dei
ricorsi per l'ottemperanza (R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 27, n. 4 e L. 6
dicembre 1971, n. 1034, art. 7, comma 1) - che, a ben vedere, integrano una
forma di tutela, più che una materia - una questione di giurisdizione si
presenta anche quando non è in discussione che la giurisdizione spetti al
giudice cui ci si è rivolti, perchè è solo quel giudice che secondo
l'ordinamento la può esercitare, ma si deve invece di stabilire se ricorrono -
in base alla norma che attribuisce giurisdizione - le condizioni perchè il
giudice abbia il dovere di esercitarla (così, in rapporto al decreto di
accoglimento di ricorso straordinario al Capo dello Stato, il configurarsi come
giudicato ha potuto essere discusso come questione di giurisdizione da Sez. Un.
2 ottobre 1953 n. 3141 e più di recente Sez. Un. 18 dicembre 2001 n. 2448).
11.5. - E' parso che le ordinanze di questa Corte del 2006 non si siano attenute
al canone richiamato al punto 11.2. ed abbiano invece preconizzato una invasione
dell'ambito proprio della giurisdizione del giudice amministrativo, là dove,
interpretata la norma dettata dalla Legge TAR, art. 7, nel testo modificato
dalla L. n. 205 del 2000, nel senso che abbia attribuito la tutela risarcitoria
degli interessi legittimi al giudice amministrativo, hanno anche detto che nella
norma non vi è il limite per cui la domanda di tale tutela allora solo determina
nel giudice amministrativo il dovere di giudicarne il fondo, quando dell'atto
illegittimo è chiesto od è stato già pronunciato l'annullamento.
Ma, da un punto di vista logico e per quello che si è detto, questo assunto non
convince.
Postulare che la norma che attribuisce ad un giudice una forma di tutela lo
faccia sulla base di un determinato presupposto positivo o negativo, dalla cui
presenza ne dipenda l'erogazione, per un verso, come si è visto, inerisce al
giudizio che quel giudice deve compiere per stabilire in che limiti la
giurisdizione gli è attribuita.
Per altro verso, il sindacato che assume a suo oggetto questo tratto si arresta
e non oltrepassa il limite oltre il quale non può essere esercitato, perchè si
appunta su un aspetto della norma e si traduce in una decisione della
Cassazione, che vincola ad esercitare la giurisdizione rispettando i tratti
essenziali della forma di tutela in questione, senza pretendere di costringere a
riconoscere rispettati dalla domanda nè le condizioni processuali d'una
decisione di merito nè i fatti che danno in concreto diritto alla tutela
richiesta.
11.6. - Le sezioni unite sono in conclusione autorizzate a passare alla
discussione della questione di particolare importanza in precedenza anticipata,
al punto 7.
12.1. - Punto di partenza nell'indagine sulla disciplina positiva della tutela
degli interessi legittimi come dei diritti soggettivi non può non essere l'art.
24 Cost., comma 1.
Dal quale - perchè dispone che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti ed interessi legittimi - non pare sia possibile trarre se non il
significato che dei diritti e degli interessi, di cui è titolare, ognuno è
arbitro di chiedere tutela e che perciò a ciascuno spetta non solo di scegliere
se chiedere tutela giurisdizionale, ma anche di scegliere di quale avvalersi,
tra le diverse forme di tutela apprestate dall'ordinamento, per reagire al fatto
che l'interesse sostanziale della parte, protetto dall'ordinamento, sia rimasto
insoddisfatto.
Queste sezioni unite, nelle ordinanze del 2006 e del resto in consonanza con
diffusi orientamenti della dottrina, alla luce della Costituzione e dello stadio
di evoluzione dell'ordinamento, avevano già avuto modo di porre l'accento sulla
insostenibilità di precedenti ricostruzioni della figura dell'interesse
legittimo e della giurisdizione amministrativa, che il primo configuravano come
situazione funzionale a rendere possibile l'intervento degli organi della
giustizia amministrativa, e della seconda predicavano la natura di giurisdizione
di diritto oggettivo, e dunque di mezzo direttamente volto a rendere possibile,
attraverso una nuova determinazione amministrativa, il ripristino della legalità
violata e solo indirettamente a realizzare l'interesse del privato.
12.2. - Altro punto di riferimento è rappresentato, per ciò che interessa qui,
dall'art. 113 Cost., commi 1 e 2, e dal precetto in essi contenuto, che è sempre
ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi
dinanzi agli organi di giustizia ordinaria o amministrativa e che tale tutela
non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione.
Il precetto è venuto ad assumere ulteriore concretezza a cavallo della fine del
'900, quando, con il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, la riflessione compiuta dalle
sezioni unite con la sentenza 500 del 1999 sulla vicenda della risarcibilità
degli interessi legittimi e la disciplina al riguardo introdotta infine con la
L. 21 luglio 2000, n. 205, ha finito con l'essere acquisito che, se
l'ordinamento protegge una situazione di interesse sostanziale, in presenza di
condotte che ne impediscono o mancano di consentirne la realizzazione, non può
essere negato al suo titolare almeno il risarcimento del danno, posto che ciò
costituisce la misura minima e perciò necessaria di tutela di un interesse,
indipendentemente dal fatto che la protezione assicurata dall'ordinamento in
vista della sua soddisfazione, sia quella propria del diritto soggettivo o
dell'interesse legittimo.
12.3. - Lo sbocco cui conduce il confluire di questa acquisizione nell'alveo dei
principi desunti dagli artt. 24 e 113 Cost., è che, per i diritti soggettivi
come per gli interessi, spetta al loro titolare tutela sul piano risarcitorio e,
se a questa si aggiunge altra forma di tutela, spetta al titolare della
situazione protetta, in linea di principio, scegliere a quale far ricorso in
vista di ottenere ristoro al pregiudizio provocatogli dall'essere mancata la
soddisfazione che è attesa attraverso la condotta altrui.
12.4.1. - L'ordinamento, come assoggetta con norme di diritto sostanziale
l'esercizio dei diritti a termini di prescrizione o di decadenza, così dispone
con norme di diritto processuale circa i tempi di accesso alla tutela
giurisdizionale; esclude in casi specifici determinate situazione soggettive
dall'attribuzione di una tra le forme di tutela invece in via generale
riconosciute a situazioni dello stesso tipo e, quando riconosce più forme di
tutela in concorso tra loro, può prevedere regole di coordinamento nell'atto di
farle valere.
E' in questo quadro che si inserisce il tema del rapporto tra tutela demolitoria
e tutela risarcitoria, rispetto alle situazioni di interesse legittimo.
12.4.2. - Così, in diritto amministrativo europeo, delle decisioni delle
Istituzioni della Comunità prese nei suoi confronti la parte può chiedere
l'annullamento per motivi d'illegittimità nel termine di sessanta giorni da
quando ne ha avuto conoscenza, mentre ad un eguale termine non è soggetta
l'azione per responsabilità delle Istituzioni comunitarie sul piano
extracontrattuale.
La elaborazione giurisprudenziale di questo sistema - la cui ricostruzione,
peraltro, appare alla dottrina italiana non sicura - sembra non escludere la
possibilità che in sede di azione di danni si abbia un accertamento incidentale
circa l'illegittimità dell'atto non impugnato, anche se registra un sicuro
orientamento volto a negare il risarcimento almeno in un definito settore, in
particolare quando la relazione controversa intercorre solo tra il ricorrente e
la istituzione pubblica e la domanda di danni tende allo stesso risultato che si
sarebbe potuto conseguire con l'azione di annullamento.
12.4.3. - Il diritto civile presenta, da noi, in campo societario una specifica
disciplina della invalidità delle delibere delle società di capitali.
Dove è negata la legittimazione all'azione di annullamento ed è data l'azione di
danni (art. 2377 cod. civ., comma 4), il termine per proporre la domanda di
risarcimento non è diverso da quello dell'azione di impugnazione (art. 2377 cod.
civ., comma 6).
V è dunque, la specifica previsione di un termine di esercizio per l'azione di
danno.
D'altro canto, il diritto societario prevede ipotesi, in cui non si può
pronunciare l'invalidità della delibera, ma la si può accertare in funzione
della condanna al risarcimento del danno (art. 2377 cod. civ., penultimo comma;
art. 2379 ter cod. civ., comma 2 e art. 2504 quater cod. civ., comma 2).
E' dunque la tutela demolitoria ad essere impedita - dalla sostituzione della
delibera o dalla sua avvenuta esecuzione - non lo stesso accertamento
dell'invalidità della delibera, in funzione della ammessa tutela risarcitoria.
12.4.4. - Nel campo del diritto del lavoro, ad una problematica di rapporti tra
tutela demolitoria e tutela risarcitoria, da luogo la disciplina del
licenziamento e della sua impugnazione (L. 15 luglio 1966, n. 604, artt. 6 ed 8;
della L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 8).
L'orientamento della giurisprudenza al riguardo è nel senso che la mancata
impugnazione del licenziamento nel termine fissato non comporta la liceità del
recesso del datore di lavoro (Cass. 12 ottobre 2006 n. 21833).
L'inoppugnabilità preclude sì al lavoratore oltre alla tutela reale della
reintegrazione nel posto di lavoro, di rivendicare tutela sul piano risarcitorio
per il danno costituito ed originato dalla mancata percezione degli emolumenti
altrimenti spettanti.
Ciò non toglie, però, che l'ingiustizia del licenziamento resta tale ed è perciò
suscettibile di accertamento se si presenta come componente di una più ampia
condotta lesiva, cioè quando ha concorso a provocare un danno, diverso da quello
patrimoniale costituito dalla perdita degli emolumenti.
12.4.5. - Nei rapporti tra privati ed in materia contrattuale, la scelta tra i
mezzi di reazione all'inadempimento - la condanna all'adempimento o la
risoluzione del contratto - è lasciata alla parte che lo subisce, ma vige la
regola di coordinamento per cui la prima non può essere più chiesta, quando lo è
stata la seconda, mentre ad ambedue ed a loro completamento si accompagna la
tutela risarcitoria, che tuttavia può essere esperita al posto delle altre (art.
1453 cod. civ.).
12.5.1. - Le situazioni qui considerate - non a caso desunte dal dibattito
dottrinale e giurisprudenziale che ferve sull'argomento - mostrano che, nel
campo del diritto civile, rispetto ad uno schema generale di raccordo tra le
tutele, rappresentato dalla soluzione offerta dell'art. 1453 cod. civ.,
soluzioni specifiche sono approntate in riferimento a rapporti, che vivono in un
più complesso quadro organizzativo, e nei quali, siccome si considera prevalente
l'esigenza di stabilità dello stato di fatto originato dall'atto, si tende a
limitare nel tempo la sua invalidibilità, non escludendo la tutela risarcitoria.
Tecnica non ignota, ora, anche al diritto amministrativo (art. 246, comma 4, del
Codice dei contratti pubblici, il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163).
12.5.2. - Appare dunque che la regolazione del rapporto, tra le forme di tutela
che rendono possibile soddisfare l'interesse protetto e tutela risarcitoria
dello stesso interesse, può essere attuata in modi diversi, che a loro volta
riflettono da parte del legislatore la valutazione delle esigenze proprie di
specifici tipi di rapporti, sicchè a proposito di tale regolazione non si può
affermare la necessità logica che riguardi nello stesso modo ogni concreta
situazione di interesse riconducibile ad un medesimo schema tipico.
13.1. - Nelle ordinanze del 2006 le sezioni unite hanno osservato che è certo
nella disponibilità del legislatore disciplinare la tutela delle situazioni
soggettive assoggettando a termini di decadenza l'esercizio dell'azione, come si
è visto quando ha assoggettato in campo societario al medesimo termine l'azione
di impugnazione e quella di risarcimento spettante ai soci non legittimati
all'esercizio della prima.
Ma si è anche osservato che una norma siffatta oggi manca.
13.2. - Si postula, però, che dalla Legge TAR, art. 7, comma 4 - quale è
risultato dalle modificazioni, che vi sono state apportate, per il tramite del
D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 35, comma 4, dalla L. 21 luglio 2000, n. 205,
art. 7 - si trae che il previo annullamento dell'atto impugnato costituisca
presupposto del riconoscimento di un diritto al risarcimento.
Ciò, perchè il risarcimento v'è detto eventuale ed è considerato quale oggetto
di un diritto, che come specie rientra tra gli altri diritti patrimoniali
consequenziali.
E perchè, si potrebbe forse aggiungere, vi si dice che il tribunale conosce "di
tutte le questioni relative al risarcimento del danno" e non - come in
disposizioni dettate in tema di giurisdizione esclusiva - anche delle
"controversie risarcitorie".
Se non che, se il significato da attribuire alla disposizione fosse questo, la
replica sarebbe allora che la norma ha tratto alla tutela risarcitoria che
completa quella di annullamento e non alla tutela risarcitoria autonoma, che è
oggetto di discussione.
13.3. - Che la tutela risarcitoria autonoma rientri tra quelle che secondo
l'ordinamento pertengono all'interesse legittimo deriva dalla natura sostanziale
di tale situazione giuridica soggettiva e, se corrisponde alle viste esigenze di
effettività della tutela giurisdizionale degli interessi che ad erogarla sia il
giudice amministrativo, non può poi dipendere da questo che la fruizione
concreta di tale tutela sia condizionata da un presupposto che attiene invece
alla tutela di annullamento.
La tutela giurisdizionale si dimensiona su quella sostanziale e non viceversa.
13.4. - Anche là dove regole di comportamento si traducono in regole di validità
dell'atto, la circostanza che la parte che potrebbe avere interesse
all'annullamento dell'atto non lo chieda non comporta che esso divenga valido o
cessi di essere rilevante la contrarietà del comportamento alla sua regola.
Nel diritto civile, la parte non perde il diritto di far valere l'invalidità se
l'altra pretende l'esecuzione del contratto (art. 1442 cod. civ., comma 4) e
d'altro canto può sempre chiedere il risarcimento del danno derivato dal
comportamento che l'altra ha tenuto nell'indurla a contrarre.
Nel diritto amministrativo, l'inoppugnabilità non si traduce in convalidazione
del provvedimento illegittimo, di cui resta possibile l'annullamento
dall'amministrazione che lo ha emesso.
E perciò se, per non esserne stata chiesta la sospensione, l'atto non perde
efficacia e può continuare ad essere eseguito, il comportamento tenuto, prima
nell'adottarlo e poi nell'eseguirlo, non perde i suoi tratti di comportamento
illegittimo, fonte di responsabilità, per il fatto che dell'atto neppure sia
stato poi chiesto l'annullamento.
Lo stesso vale a proposito del comportamento consistito nel mantenere l'atto o
nel darvi esecuzione per essere mancata la domanda di annullamento, anche se il
non averlo la parte chiesto può rilevare come comportamento che ha concorso a
provocare il danno.
Pensare diversamente significa trasformare l'onere della parte di attivarsi nel
proprio interesse per l'annullamento in un dovere della parte di collaborare con
l'amministrazione a renderla edotta della illegittimità dei propri atti.
Passando poi dal piano del diritto sostanziale a quello del diritto processuale,
la pregiudizialità dell'annullamento non può essere desunta sul piano
sistematico da caratteristiche che si dicono intrinseche alla giurisdizione del
giudice amministrativo, in quanto giudice cui è commessa rispetto agli interessi
legittimi la tutela demolitoria.
Dal fatto che il giudice amministrativo, in sede di giurisdizione generale di
legittimità, non abbia il potere di dichiarare il dovuto modo d'essere del
rapporto, ma solo quello di accertare la illegittimità dell'atto ed annullarlo,
sì che è all'amministrazione che torna a spettare di dover provvedere (peraltro
nel rispetto dell'effetto conformativo della pronuncia di annullamento), non
segue che non possa accertare la responsabilità derivante alla P.A.
dall'esercizio illegittimo della funzione.
Oggetto della domanda di risarcimento del danno è il diritto a ad ottenerlo e su
ciò si forma il giudicato, mentre l'accertamento sui singoli aspetti della
situazione di fatto che genera la responsabilità sono accertati in via
incidentale.
Quando si discute sul se spetti il diritto al risarcimento del danno, per
pervenire a riconoscerlo, si deve accertare che la parte ha subito un danno per
effetto della mancata realizzazione del suo interesse e questo a causa
dell'esercizio illegittimo della funzione pubblica e dunque si esercita un
potere che nulla ha a che vedere con quello di disapplicazione, che al contrario
consiste nel tenere per non prodotti quegli effetti di un atto, che rilevano
come presupposto della legittimità del provvedimento, esso oggetto della domanda
di annullamento.
13.5. - La teoria della pregiudizialità affonda del resto la sua origine in
presupposti che l'attuale stadio di evoluzione della tutela giurisdizionale
degli interessi mostra non essere più riferibili all'intero spettro di questa.
Più indici normativi testimoniano della trasformazione in atto dello stesso
giudizio sulla domanda di annullamento, da giudizio sul provvedimento in
giudizio sul rapporto: ciò che è stato puntualmente messo in rilievo dalla
dottrina, in riferimento all'impugnazione, con motivi aggiunti, dei
provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi
all'oggetto del ricorso (Legge TAR, art. 21, comma 1, modificato dalla L. n. 205
del 2000, art. 1); al potere del giudice di negare l'annullamento dell'atto
impugnato per vizi di violazione di norme sul procedimento, quando giudichi
palese, per la natura vincolata del provvedimento, che il suo contenuto non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (L. n. 241 del
1990, art. 21 octies, comma 1, introdotto dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15, art.
21 bis); al potere del giudice amministrativo di conoscere della fondatezza
dell'istanza nei casi di silenzio (L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 5, come
modificato dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, in sede di conversione del D.L. 14
marzo 2005, n. 35.
13.6. - Non mancano poi i casi in cui l'annullamento non è in grado di procurare
alcuna soddisfazione all'interesse protetto, perchè era in giuoco il solo
interesse del ricorrente ed è trascorso il tempo in cui avrebbe potuto esserlo:
ed allora, per ammettere il ricorso, si è costretti a postulare un interesse
all'annullamento, perchè questo sarebbe il tramite necessario per accedere ad
una pronuncia di condanna al risarcimento del danno.
Come non mancano i casi in cui il danno deriva non dall'atto, infine adottato in
senso conforme all'interesse di chi lo ha richiesto, ma dal ritardo con cui è
stato emesso.
14. - Si può dire in definitiva - nel solco delle ordinanze del 2006 - che la
parte, titolare d'una situazione di interesse legittimo, se pretende che questa
sia rimasta sacrificata da un esercizio illegittimo della funzione
amministrativa, ha diritto di scegliere tra fare ricorso alla tutela
risarcitoria anzichè a quella demolitoria e che tra i presupposti di tale forma
di tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo non è quello che
l'atto in cui la funzione si è concretata sia stato previamente annullato in
sede giurisdizionale o amministrativa.
Il principio di diritto che ne discende e che le sezioni unite enunciano in
applicazione dell'art. 363 cod. proc. civ., è dunque questo: - "Proposta al
giudice amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna al
risarcimento del danno prodotto dall'esercizio illegittimo della funzione
amministrativa, è viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed è
soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del
giudice amministrativo che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi
sul presupposto che l'illegittimità dell'atto debba essere stata precedentemente
richiesta e dichiarata in sede di annullamento".
15. - Le spese di questo grado del giudizio si prestano ad essere dichiarate
interamente compensate in ragione dell'eguale negativo esito dei ricorsi
proposti dalle due parti.
P.Q.M.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, riuniti i ricorsi, rigetta
l'incidentale e dichiara inammissibile il principale; pronuncia, ai sensi
dell'art. 363 cod. proc. civ., il seguente principio di diritto: - "Proposta al
giudice amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna al
risarcimento del danno prodotto dall'esercizio illegittimo della funzione
amministrativa, è viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed è
soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del
giudice amministrativo che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi
sul presupposto che l'illegittimità dell'atto debba essere stata precedentemente
richiesta e dichiarata in sede di annullamento; compensa le spese del giudizio
di Cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della
Corte Suprema di Cassazione, il 21 ottobre 2008.
Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2008