Cass. Civ., Sezioni Unite, 6 marzo 2009, n. 5456
Il modo di intendere la giurisdizione, come potere riservato ad un giudice (ordinario ovvero amministrativo) di decidere su una controversia, esprimeva l’idea di una giustizia che si attua all’interno di “comparti” riservati a giudici “diversi”. Il ribaltamento del rapporto potere – cittadino, con la costituzionalizzazione del principio del giusto processo, porterà la Cassazione a ridefinire la giurisdizione come un diritto del cittadino più che come un potere riservato ad un giudice, chiamato adesso a rendere un servizio, ossia giustizia, in modo effettivo. Di questo mutato modo di concepire la giurisdizione sono testimonianza le pronunzie sulla translatio iudicii (Cass. Civ., Sezioni Unite, 22 febbraio 2007, n. 4109), sul giudicato implicito sulla questione pregiudiziale di giurisdizione (Cass. Civ., Sezioni Unite 9 ottobre 2008, n. 24883) e sulla pregiudiziale amministrativa (Cass. Civ., Sezioni Unite, 23 dicembre 2008, n. 30254).
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATTONE Sergio - Primo Presidente f.f. -
Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente di Sezione -
Dott. PREDEN Roberto - Presidente di Sezione -
Dott. VIDIRI Guido - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. SETTIMJ Giovanni - Consigliere -
Dott. PICONE Pasquale - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - rel. Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 3704/2005 proposto da:
SIDERURGICA VALDADIGE DI RUFFO & BALLARI ORA SIDERGAS S.P.A., in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA U. BOCCIONI 4, presso lo studio
dell'avvocato SMIROLDO ANTONINO, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati COSTANZA MARIA, DE MAIO AMEDEO, giusta
delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
BANCO POPOLARE DI VERONA E NOVARA SOC. COOP. A R.L., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE CORTINA D'AMPEZZO 18 6, presso lo studio dell'avvocato
SCHIMPERNA PAMELA, che lo rappresenta e difende unitamente
all'avvocato DINDO STEFANO, giusta delega a margine del
controricorso;
- controricorrente -
e contro
AMERICAN NATIONAL BANK OF ARLINGTON HEIGHTS, ORA AMERICAN NATIONAL
BANK OF CHICAGO;
- intimata -
sul ricorso 7163/2005 proposto da:
AMERICAN NATIONAL BANK OF CHICAGO (GIA' AMERICAN NATIONALE BANK OF
ARLINGTON HEIGHTS) ORA DENOMINATA JP MORGAN CHASE BANCK N.A., in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DARDANELLI 13, presso lo studio
dell'avvocato LIUZZI ANTONIO, che la rappresenta e difende
unitamente all'avvocato MAGGIORA MARIA GABRIELLA, giusta procura
speciale del Notaio Dott. Shernice M. Boiyd, depositata in data 1
aprile 2005, in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
e contro
SIDERGAS S.P.A., BANCA POPOLARE DI VERONA E NOVAREA SOOC. COOP. A
R.L.;
- intimate -
avverso la sentenza n. 909/2004 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA,
depositata il 01/06/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/01/2009 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;
udito l'avvocato Alberto BUZZI, per delega dell'avvocato Pamela
SCHIMPERNA, Antonio LIUZZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il rigetto del
ricorso principale, inammissibilità del ricorso incidentale.
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Sidergas s.p.a. conveniva, con atto notificato il 31.10.1986, davanti al
tribunale di Verona la Banca Popolare di Verona per sentirla condannare al
pagamento di Dollari 218.165,67 per alcune fatture relative a forniture di filo,
che essa aveva eseguito nei confronti della società americana K Industries.
Assumeva l'attrice che, per tale forniture, aveva emesso tratte consegnandole
alla convenuta perchè ne curasse l'incasso; che non aveva ottenuto il
corrispettivo nè la restituzione dei titoli; che aveva consegnato anche i
documenti relativi ad una fattura per Dollari 15589,56 sempre nei confronti
della K Industries, senza ottenerne il corrispettivo.
La Banca Popolare chiamava in garanzia la American National Bank. Entrambi gli
istituti declinavano ogni responsabilità: quello italiano a norma dell'art. 1717
c.c., e quello americano, perchè la Sidergas aveva definito ogni rapporto con la
K Industries con la transazione del 20.12.1984.
Il tribunale con sentenza n. 2854/2001 rigettava la domanda.
La corte di appello di Venezia, adita dall'attore, affermava la giurisdizione
del giudice italiano e rigettava l'appello.
Riteneva la corte territoriale che era passata in giudicato la statuizione del
tribunale, secondo cui la Banca Popolare di Verona non rispondeva neppure a
titolo di colpa, a norma dell'art. 1717 c.c., comma 2, dell'operato della Banca
americana, essendo stata indicata questa dalla stessa Sidergas; che la convenuta
non rispondeva neppure a norma degli artt. 1710 - 1713 c.c., poichè non
competeva alla Banca italiana provocare l'accettazione delle tratte negli USA nè
riscuotere le somme nè rendere gli insoluti, nè provvedere all'incasso della
somma di Dollari 15589,56, relativa ad una fattura, incombendo tali attività
sulla Banca americana.
In ogni caso, secondo la corte territoriale, per il rigetto della domanda era
decisiva la transazione avvenuta il 20.12.1984, tra la K Industries americana e
l'attrice, poichè essa (contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante)
investiva tutti i rapporti tra le parti, ivi compresi quelli per cui è causa, e
poichè per effetto di tale transazione la Sidergas accettava Dollari 75.000,00.
Riteneva la corte territoriale che la mancata riconsegna delle tratte insolute e
dei documenti non aveva conseguentemente provocato alcun danno all'attrice,
poichè non utilizzabili nei confronti della società americana, essendo stati
tutti i rapporti definiti transattivamente; che la Sidergas, dopo aver estinto
il credito nei confronti della K Industries con la transazione, non poteva
pretendere che un terzo (la banca), si attivasse nei confronti del debitore
originario per il pagamento di un'obbligazione, ormai estinta.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione la s.p.a. Sidergas.
Resistono con rispettivi controricorsi la Banca Popolare di Verona e Novara e la
American National Bank of Chicago.
Quest'ultima ha proposto ricorso incidentale.
Tutte le parti hanno presentato memorie.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi, a norma dell'art. 335 c.p.c..
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente principale lamenta la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1710 e 1856 c.c..
Assume la ricorrente che la Banca Popolare di Verona avrebbe dovuto incassare
dalla società americana le tratte accettate, che essa banca aveva provveduto a
scontare all'attrice; che tale Banca italiana, invece, non aveva provveduto ad
adempiere al proprio mandato; che essa rispondeva, in ogni caso dell'opera della
sua sostituta americana (pag. 16 del ricorso); che essa convenuta, quale
mandataria, aveva l'obbligo di fornire tempestive informazioni alla mandante,
per evitare che fossero compromessi gli interessi di quest'ultima.
2.1. Il motivo è inammissibile sotto vari profili.
Esso è inammissibile nella parte in cui introduce in questa sede di legittimità
la questione relativa allo sconto bancario e alla presunta violazione delle
norme che regolano tale rapporto.
Trattasi, infatti, di questione nuova, non risultando dalla sentenza impugnata
che essa fosse stata prospettata al giudice di merito.
Infatti è giurisprudenza pacifica di questa Corte che i motivi del ricorso per
Cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già
comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo
prospettabili per la prima volta in Cassazione questioni nuove o nuovi temi di
contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili di ufficio
(Cass. n. 6989/2004; Cass. n. 5561/2004; Cass. n. 1915/2004).
2.2. Ove la questione attinente al rapporto di sconto fosse stata, invece,
effettivamente prospettata nella fase di merito, non risultando ciò dalla
sentenza impugnata, la ricorrente avrebbe dovuto indicare in quali termini ed in
quale fase ed atto processuale la questione stessa era stata avanzata, al fine
di soddisfare il requisito della specificità del motivo di censura, sotto il
profilo dell'autosufficienza.
Poichè tanto non risulta, in ogni caso il motivo di censura sotto questo profilo
è inammissibile.
2.3. Egualmente è inammissibile la censura avverso la ritenuta responsabilità
della Banca popolare di Verona per l'attività della sua sostituta americana.
La corte di appello ha infatti rilevato che il tribunale aveva escluso detta
responsabilità, in quanto la sub mandataria Banca americana era stata scelta
direttamente dalla società mandante;
che il tribunale aveva ritenuto che non sussistesse violazione dell'art. 1717
c.c., e che non sussistesse alcuna ipotesi di responsabilità della Banca
italiana per l'operato della Banca americana.
Riteneva la corte di appello che tale punto non fosse stato oggetto di censura e
che, per l'effetto, si era su di esso formato il giudicato.
La ricorrente non censura la sentenza impugnata per aver ritenuto formato il
giudicato nei termini predetti.
Ne consegue che questa parte del motivo è inammissibile, perchè inconferente con
il decisum. Infatti la censura priva di specifiche attinenze al "decisum" della
sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti
dall'art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso,
rilevabile anche d'ufficio (ex multis, Cass. 07/11/2005, n. 21490 ;Cass.
24/02/2004, n. 3612; Cass. 23/05/2001, n. 7046).
2.4. Inammissibile è anche il motivo nella parte in cui lamenta la violazione
dell'art. 1710 c.c., limitandosi ad assumere che il mandatario deve adempiere al
mandato con diligenza e tenere informato il mandante delle circostanze
sopravvenute. La ricorrente si limita ad enunciazioni di principio ed a
riportare massime di questa Corte, ma non indica quale sia l'errata regula iuris
applicata dalla corte di merito, in contrasto con quella proposta.
Infatti è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la
parte, pur denunciando "in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3?, "violazione e
falsa applicazione? di norme di legge, puntualmente indicate, ometta sia di
indicare quale sia stata la interpretazione data dal giudice a quo alle dette
disposizioni e i motivi per cui la stessa non possa essere accettata, sia quale
è la "corretta? interpretazione di tali norme, limitandosi a dolersi che l'esito
della lite sia stato sfavorevole alle proprie aspettative, per essere state le
risultanze di causa valutate in modo difforme dalla sua, soggettiva,
interpretazione di quelle stesse risultanze, atteso che una siffatta denuncia
esula totalmente dalla previsione di cui all'art. 360 c.p.c., n. 3, (Cass.
25/02/2004, n. 3803).
3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione dell'art. 1965 c.c. e segg., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3.
Assume la ricorrente che è errata la sentenza impugnata nella parte in cui
ritiene che la transazione intervenuta tra essa attrice e la K Industries
investisse tutti i rapporti (anche quelli in causa) e non solo la vendita in
esclusiva delle macchine Sidergas.
4.1. Il motivo è inammissibile.
La parte che denunzi in cassazione l'erronea determinazione della volontà
negoziale effettuata dal giudice di merito è tenuta ad indicare e dimostrare
quali canoni o criteri interpretativi siano stati violati, non potendo limitarsi
a richiamare genericamente le norme che ritiene siano state disapplicate o
erroneamente applicate.
Nella fattispecie la ricorrente non indica quali canoni ermeneutica siano stati
violati dal giudice di merito nell' individuazione del contenuto della
transazione.
4.2. In mancanza della censura di violazione dei canoni ermeneutici,
l'individuazione della volontà negoziale - che avendo ad oggetto una realtà
fenomenica ed oggettiva, si risolve in un accertamento di fatto,
istituzionalmente riservato al giudice di merito - è censurabile non già quando
le ragioni addotte a sostegno sono diverse da quelle della parte, bensì allorchè
esse sono insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica
(Cass. 28.8.2001, n. 11289; Cass. 25.2.1998,n. 3142). Sennonchè nella
fattispecie la ricorrente non censura l'impugnata sentenza per vizio
motivazionale relativamente all'interpretazione della transazione.
4.3. In ogni caso la ricorrente in violazione del principio di autosufficienza
non riporta nel ricorso il contenuto dell'atto transattivo, che sarebbe stato
erroneamente interpretato dalla sentenza di appello,al fine di consentire alla
Corte di effettuare il richiesto controllo, che deve essere consentito sulla
base delle deduzioni contenute nel medesimo ricorso, alle cui lacune non è
possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la S.C. accesso agli
atti del giudizio di merito (Cass. 31/05/2006, n. 12984; Cass. 19/05/2005, n.
10598).
5. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione dell'art. 91 c.p.c. e segg., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3.
Assume la ricorrente che illegittimamente è stata condannata al pagamento delle
spese della Banca americana, chiamata in causa dalla convenuta e non da lei.
6. Il motivo è infondato.
Attesa la lata accezione con cui il termine "soccombenza" è assunto nell'art. 91
c.p.c., il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in
garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore, ove la chiamata
in causa si sia resa necessaria in relazione alle tesi sostenute dall'attore
stesso e queste siano risultate infondate, a nulla rilevando che l'attore non
abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda, mentre il rimborso rimane
a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo
qualora l'iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria (Cass.
10/06/2005, n. 12301; Cass. 12/10/2006, n. 21933).
Nella fattispecie non è stato rilevato dai giudici di merito (nè è stato dedotto
dalle parti) che la chiamata in causa della Banca americana da parte della
convenuta sia stata iniziativa arbitraria o infondata.
7. Con l'unico motivo del ricorso incidentale la ricorrente American National
Bank of Chicago lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 4 c.p.c.,
nel testo previgente, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3.
Assume la ricorrente incidentale che erroneamente la sentenza impugnata ha
affermato la giurisdizione del giudice italiano, mentre andava affermata la
giurisdizione del giudice statunitense.
8.1. Le S.U. di questa Corte, nel comporre un contrasto, hanno statuito che
qualora la parte, interamente vittoriosa nel merito, abbia proposto ricorso
incidentale avverso una statuizione a lei sfavorevole, relativa ad una questione
pregiudiziale di rito o preliminare di merito, rilevabile d'ufficio, la Corte di
cassazione deve esaminare e decidere con priorità tale ricorso, senza tenere
conto della sua subordinazione all'accoglimento del ricorso principale, dal
momento che l'interesse al ricorso sorge per il fatto stesso che la vittoria
conseguita sul merito è resa incerta dalla proposizione del ricorso principale e
non dalla sua eventuale fondatezza e che le regole processuali sull'ordine
logico delle questioni da definire - applicabili anche al giudizio di
legittimità (art. 141 disp. att. c.p.c., comma 1) - non subiscono deroghe su
sollecitazione delle parti (Cass. Sez. Unite, 23/05/2001, n. 212; 213, 214; S.U.
10.7.2006, n. 15612). Il ragionamento seguito dalla Cassazione può essere così
schematizzato:
1) l'impugnazione di una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito
rilevabile d'ufficio, su cui vi è stata statuizione, restituisce al giudice di
gravame il potere di decidere sulla questione stessa;
2) poichè il giudizio di cassazione non verte su domande o su eccezioni ma solo
su questioni, la sussistenza dei requisiti di legittimazione all'impugnazione va
valutata tenendo conto della peculiarità di questo giudizio e, pertanto, tenendo
in considerazione l'esito specifico delle questioni in esso dibattute: se tali
questioni sono state rigettate, pertanto, è già integrato il requisito
dell'interesse ad impugnare;
3) l'interesse ad impugnare non nasce quindi dalla probabile fondatezza del
ricorso principale ma dalla semplice soluzione sfavorevole di tali questioni;
4) una volta che il giudice sia stato investito della soluzione di tali
questioni deve rispettarne l'ordine logico nella decisione.
Questo orientamento è stata oggetto di critiche dottrinali e la giurisprudenza
successiva delle Sezioni semplici è rimasta oscillante.
A fronte di sentenze che hanno seguito tale orientamento (tra le altre: Cass.
23/04/2007, n. 9598; Cass. 03/04/2007, n. 8293 ; Cass. 19/05/2003, n. 7762 ;
Cass. 01/03/2007, n. 4795 ; Cass. 10/9/2007, n. 18989), ve ne sono state
numerose altre che hanno seguito il diverso orientamento per cui l'esame del
ricorso incidentale condizionato proposto dalla parte interamente vittoriosa su
questioni pregiudiziali decise in senso ad essa sfavorevole nella precedente
fase di merito deve essere effettuato solamente se il ricorso principale sia
stato giudicato fondato dalla Corte di Cassazione; in caso contrario, infatti,
il ricorrente incidentale manca di interesse alla pronuncia sulla propria
impugnazione, il cui eventuale accoglimento non potrebbe procurargli un
risultato più favorevole di quello derivante dal rigetto del ricorso principale
(tra le altre: Cass. 21/01/2008, n. 1161; Cass. 26/01/2006, n. 1690; Cass.
06/08/2004, n. 15161Cass. 16/05/2003, n. 7637).
8.2. Queste S.U. con sentenza del 31/10/2007 n. 23019 hanno ritenuto che il
ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di
merito che investa questioni pregiudiziali di rito (nella fattispecie sulla
giurisdizione) o preliminari di merito ha natura di ricorso condizionato,
indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, ma dev'essere esaminato
con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito
rilevabili d'ufficio non siano state esaminate nel giudizio di merito, poichè
quando - come nella specie - le questioni siano state affrontate e decise dal
giudice di merito esse cessano di essere rilevabili d'ufficio. Lo stesso
principio è stato affermato da S.U. con sentenza n. 26018 del 30.10.2008, con
riguardo ad ogni ipotesi di questione pregiudiziale di rito (e quindi anche
attinente alla giurisdizione) sollevata con ricorso incidentale condizionato.
Con successiva sentenza n. 29349 del 16.12.2008, queste S.U. hanno in buona
sostanza preso atto dell'abbandono dell'orientamento fissato da Cass. S.U. n.
212/2001 e della prevalenza dell'orientamento secondo cui l'esame del ricorso
incidentale condizionato, proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel merito
su questioni pregiudiziali decise in senso ad essa sfavorevole, deve essere
effettuato solamente se il ricorso principale sia stato giudicato fondato dalla
corte di cassazione, in caso contrario non sussistendo l'interesse del
ricorrente incidentale alla pronunzia sulla propria impugnazione.
Tale sentenza, però, ha altresì condiviso l'orientamento maggioritario, già
antecedente alla pronunzia n. 212/2001, secondo cui allorchè era prospettata una
questione sulla giurisdizione con ricorso incidentale condizionato, essa doveva
essere esaminata in via prioritaria dalle Sezioni Unite, poichè la contestazione
del potere decisorio del giudice, in quanto carente di giurisdizione, non può
essere condizionata al risultato della controversia, dato che la valutazione del
merito postula pur sempre l'esercizio dello stesso potere decisorio che viene
contestato con il ricorso incidentale.
8.3. Sulla base di questa tre recenti arresti delle S.U., può ritenersi ormai
consolidato (a parte il caso in cui sia in questione la giurisdizione) il
principio secondo cui l'esame del ricorso incidentale condizionato proposto
dalla parte interamente vittoriosa su questioni pregiudiziali o preliminari di
merito decise in senso ad essa sfavorevole nella precedente fase di merito deve
essere effettuato solamente se il ricorso principale sia stato giudicato fondato
dalla Corte di Cassazione.
8.4. Il contrario precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. S.U.
23.5.2001, n. 212) adottava - quale criterio per escludere sempre
l'ammissibilità del condizionamento dell'impugnazione incidentale - la
rilevabilità di ufficio della questione pregiudiziale di rito, ma così operando
trascurava di rilevare il fatto che quella distinzione perde peso allorchè la
questione "eccepibile" sia stata eccepita davanti al giudice di merito e quella
"rilevabile" sia stata rilevata.
Ne consegue che, allorchè la questione pregiudiziale o preliminare sia stata
decisa dal giudice di appello, il riesame della questione da parte della Corte
di cassazione postula la proposizione di un'impugnazione, che è ammissibile in
presenza di un interesse della parte, interesse che, per la parte totalmente
vittoriosa sorge solo nell'ipotesi della fondatezza del ricorso principale. In
caso contrario, infatti, il ricorrente incidentale manca di interesse alla
pronuncia sulla propria impugnazione poichè il suo eventuale accoglimento non
potrebbe procurargli un risultato più favorevole in concreto di quello derivante
dal rigetto del ricorso principale (Cass. 6 agosto 2004, n. 15161; 26 gennaio
2006, n. 1690) e, anzi, comporterebbe il rischio del riesame della pronuncia
favorevole ad opera del diverso giudice con esito incerto per il ricorrente
(conf. Cass. 21.1.2008, n. 1161).
8.5. Quanto al punto secondo cui sussisterebbe in ogni caso la soccombenza sulla
questione oggetto del ricorso incidentale, va osservato che la soccombenza c.d.
formale (che legittima all'impugnazione) è il rigetto della domanda o di parte
di essa e non soltanto la sfavorevole soluzione di una questione, secondo la
dottrina classica.
In ogni caso, ove anche voglia ritenersi con la più moderna dottrina che
soccombenza ed interesse all'impugnazione siano oggi espressioni che denotano
distinti fenomeni, e che quindi anche la sfavorevole soluzione di questioni dia
origine ad una vera e propria soccombenza (per quanto teorica), va osservato che
manca l'interesse ad impugnare per la parte che abbia egualmente conseguito il
successo sulla domanda.
Detto interesse diventa attuale (o, come è stato anche detto, sopravvenuto),
solo con l'accoglimento del ricorso principale.
A seguito di tale accoglimento si perfeziona la fattispecie relativa alla
legittimazione ad impugnare da parte del ricorrente incidentale, fattispecie
composta dalla soccombenza e dall'interesse all'impugnazione.
8.6. Quanto al principio secondo cui l'ordine logico delle questioni da
esaminare è rimesso al giudice, ciò vale solo per il primo grado.
Quando, invece, la decisione su una questione vi è stata, il riesame della
stessa da parte del giudice dell'impugnazione è rimesso necessariamente
all'impulso di parte, per il principio devolutivo che regge il sistema delle
impugnazioni. Se tale impulso di parte è condizionato all'accoglimento
dell'impugnazione avversaria e quindi al sopravvenire della soccombenza anche
formale e dell'interesse all'impugnazione, in questi termini va valutato dal
giudice il mezzo impugnatorio proposto.
8.7. Inoltre è stato esattamente osservato che proprio l'ordine logico delle
questioni da esaminare impone anzitutto l'esame del ricorso principale. Il
ricorso della parte totalmente vittoriosa è condizionato de jure, perchè solo a
seguito dell'accertamento della fondatezza del ricorso principale si può dire
che sia sorto l'interesse alla proposizione del ricorso incidentale.
Ciò comporta un triplice ordine di fatti costitutivi della legittimazione ad
impugnare del resistente vittorioso: a) la soluzione sfavorevole di una
questione pregiudiziale o preliminare; b) la proposizione di un ricorso
principale da parte del soccombente nel merito; c) la fondatezza di quest'ultimo
ricorso.
Proprio il previo esame del ricorso principale fa sì che il cosiddetto ordine
logico della pregiudizialità sia rispettato in uno dei suoi profili più
pregnanti in materia di impugnazioni, vale a dire nel divieto rivolto al giudice
di esaminare il merito del gravame, prima di aver acclarato l'esistenza di tutti
i relativi presupposti di ammissibilità, ivi compresa, appunto, la
legittimazione ad impugnare, sotto il profilo dell'interesse.
9.1. Rimane il problema se quanto affermato in tema di ricorso incidentale
condizionato proposto dalla parte totalmente vittoriosa relativo a questioni
preliminari di merito e questioni pregiudiziali (e cioè che esso possa essere
esaminato solo a seguito dell'accoglimento del ricorso principale) operi anche
nel caso in cui la questione pregiudiziale di rito attenga alla giurisdizione.
Come si è visto, sul punto è stato ritenuto inoperante il condizionamento poichè
la contestazione del potere decisorio del giudice in quanto carente di
giurisdizione non può essere condizionata al risultato della controversia, che
presuppone l'esercizio dello stesso potere decisorio che viene contestato con il
ricorso incidentale.
Il fondamento di tale principio fu affermato già da S.U. 20 gennaio 1996 n. 444
e quindi ripetuto negli stessi termini successivamente.
9.2. Sennonchè nell'ultimo biennio il concetto stesso di giurisdizione è stato
oggetto di profonda revisione da parte della Corte Costituzionale e dalle S.U.
di questa Corte con decisioni che ne hanno modificato lo statuto processuale ed
il significato.
Ed è con il risultato di tale operazione evolutiva che va posta in armonia la
disciplina del ricorso incidentale condizionato della parte totalmente
vittoriosa, anche se relativo ad una questione di giurisdizione.
Anzitutto la Corte Costituzionale con sentenza del 12.3.2007, n. 77 ha affermato
che "Il principio della incomunicabilità dei giudici appartenenti ad ordini
diversi - comprensibile in altri momenti storici quale retaggio della concezione
cosiddetta patrimoniale del potere giurisdizionale e quale frutto della
progressiva vanificazione dell'aspirazione del neo-costituito Stato unitario
(legge sull'abolizione del contenzioso amministrativo) all'unità della
giurisdizione, determinata dall'emergere di organi che si conquistavano
competenze giurisdizionali - è certamente incompatibile, nel momento attuale,
con fondamentali valori costituzionali.
Se è vero, infatti, che la Carta costituzionale ha recepito, quanto alla
pluralità dei giudici, la situazione all'epoca esistente, è anche vero che la
medesima Carta ha, fin dalle origini, assegnato con l'art. 24 (ribadendolo con
l'art. 111) all'intero sistema giurisdizionale la funzione di assicurare la
tutela, attraverso il giudizio, dei diritti soggettivi e degli interessi
legittimi.
Questa essendo la essenziale ragion d'essere dei giudici, ordinari e speciali,
la loro pluralità non può risolversi in una minore effettività, o addirittura in
una vanificazione della tutela giurisdizionale: ciò che indubbiamente avviene
quando la disciplina dei loro rapporti - per giunta innervantesi su un riparto
delle loro competenze complesso ed articolato - è tale per cui l'erronea
individuazione del giudice munito di giurisdizione (o l'errore del giudice in
tema di giurisdizione) può risolversi in un pregiudizio irreparabile della
possibilità stessa di un esame nel merito della domanda di tutela
giurisdizionale.
Una disciplina siffatta, in quanto potenzialmente lesiva del diritto alla tutela
giurisdizionale e comunque tale da incidere sulla sua effettività, è
incompatibile con un principio fondamentale dell'ordinamento, il quale riconosce
bensì la esistenza di una pluralità di giudici, ma la riconosce affinchè venga
assicurata, sulla base di distinte competenze, una più adeguata risposta alla
domanda di giustizia, e non già affinchè sia compromessa la possibilità stessa
che a tale domanda venga data risposta.
Al principio per cui le disposizioni processuali non sono fine a se stesse, ma
funzionali alla miglior qualità della decisione di merito, si ispira pressochè
costantemente - nel regolare questioni di rito - il vigente codice di procedura
civile, ed in particolare vi si ispira la disciplina che all'individuazione del
giudice competente - volta ad assicurare, da un lato, il rispetto della garanzia
costituzionale del giudice naturale e, dall'altro lato, l'idoneità (nella
valutazione del legislatore) a rendere la migliore decisione di merito - non
sacrifica il diritto delle parti ad ottenere una risposta, affermativa o
negativa, in ordine al "bene della vita" oggetto della loro contesa.
Al medesimo principio gli artt. 24 e 111 Cost., impongono che si ispiri la
disciplina dei rapporti tra giudici appartenenti ad ordini diversi allorchè una
causa, instaurata presso un giudice, debba essere decisa, a seguito di
declinatoria della giurisdizione, da altro giudice".
9.3. A questo processo evolutivo della giurisdizione contribuisce Cass. S.U.
9.10.2008, n. 24883, (sul giudicato implicito in tema di giurisdizione) che ha
affermato che sulla giurisdizione può formarsi il giudicato implicito tutte le
volte che la causa sia stata decisa nel merito, con la conseguenza che le
sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione fino a quando
sul punto non si sia formato il giudicato implicito o esplicito, operando la
relativa preclusione anche per il giudice di legittimità.
Dalle sentenze Corte cost. n. 77/2007; S.U. 22.2.2007, n. 4109 (sulla translatio
iudicii) e S.U. n. 24883/2008, tutte fondate sul principio dell'unità della
giurisdizione ai fini del servizio giustizia per la collettività e su quello
della ragionevole durata del processo, deriva l'erosione del principio della
rilevabilità di ufficio della giurisdizione con un avvicinamento ad un regime di
rilevazione del tipo di quello della competenza, basato sulla volontà della
parte di mantenere la questione viva, dando rilievo preclusivo a fenomeni di
acquiescenza tacita, che precedentemente non avevano alcuna rilevanza. La
questione di giurisdizione assume lo stato di ogni altro vizio della sentenza,
che si converte in motivo di impugnazione.
9.4. In questo quadro armonicamente si inserisce anche Cass. S.U. 23.12.2008, n.
30254 la quale ha affermato che è soggetta a cassazione per motivi attinenti
alla giurisdizione la decisione del GA che nega la tutela risarcitoria degli
interessi legittimi sul presupposto che l'illegittimità degli atti debba essere
stata precedentemente richiesta in sede di annullamento. La sentenza da conto
dell'evoluzione del concetto di giurisdizione, fondata su varie ragioni, tra cui
il principio di unità funzionale della giurisdizione nell'interpretazione del
sistema ad opera della giurisprudenza e della dottrina. La sentenza rileva che
nel tessuto della Costituzione non è oggi possibile dubitare che per
giurisdizione deve essere inteso non in sè il potere di conoscere di date
controversie, attribuito per una specifica parte a ciascuno dei diversi ordini
dei giudici di cui l'ordinamento è dotato, ma quel potere che la legge assegna e
che è conforme a Costituzione che sia assegnato ai giudici perchè risulti
attuata nel giudizio l'effettività dello stesso ordinamento. Il principio
dell'effettività della tutela ha poi, come corollario, la regola di
conservazione degli effetti prodotti sul piano processuale e sostanziale dalla
domanda di giustizia.
9.5. Segnatamente il principio, che si desume dalla sentenza della Corte
costituzionale e da questo blocco di sentenze delle S.U. in tema di
giurisdizione, è la prevalenza, ai fini del servizio giustizia, che l'autorità
giudiziaria, vista nel suo complesso, dia risposta di merito alla domanda di
giustizia. Ciò comporta che, quando la giurisdizione è stata affermata e la
decisione di merito è stata emessa, la prevalenza dell'interesse alla decisione
di merito, comporta che non possa farsi più questione sulla giurisdizione se non
dalla parte soccombente e che abbia interesse concreto all'impugnazione.
Ciò comporta che, in sede di impugnazione nel giudizio davanti all'AGO o a
giudici speciali diversi dal giudice amministrativo o contabile, se la parte
soccombente nel merito non propone o ripropone la questione di giurisdizione,
con i mezzi appropriati secondo il regime di impugnabilità della sentenza, il
giudice non possa esaminarla; che, se la parte soccombente nel merito non la
rileva, il giudice non possa esaminarla; se la parte vittoriosa, ma soccombente
solo sulla questione della giurisdizione la solleva, il giudice potrà esaminarla
solo quando per effetto dello sviluppo della sua decisione, tale parte già
vittoriosa nel merito diventi soccombente nel merito.
In altri termini il giudice non ha più la piena disponibilità della questione
della giurisdizione se non in primo grado (a tal fine bisogna infatti tener
conto dei principi in tema di giudicato implicito affermati da Cass. S.U. n.
24883/2008). Successivamente, egli può intervenire sulla questione solo se la
parte soccombente sul punto glielo richiede, in presenza di un interesse
processuale a tale richiesta (e quindi se trattasi della parte vittoriosa,
allorchè questa è divenuta soccombente per l'accoglimento dell'impugnazione di
controparte); altrimenti egli "subisce" la giurisdizione implicitamente
affermata nella statuizione di merito.
9.6. Tale principio è ancora più evidente in tema di giurisdizione
internazionale, nella quale, salvo i casi di competenza esclusiva, vige il
principio della disponibilità della questione di giurisdizione, perchè essa si
intende accettata se il convenuto si costituisce senza sollevare eccezioni sul
punto (L. n. 218 del 1995, art. 4; art. 24 Regolamento CE n. 44 del 2001; art.
18 convenzione di Bruxelles 27.9.1968). E' solo nel diritto comunitario, e di
riflesso in quello nazionale, a residuare per il principio di giurisdizione come
espressione della sovranità statale, uno spazio incomprimibile anche dal
giudicato ed è lo spazio coperto dall'eventuale competenza esclusiva. Al di
fuori di questa ipotesi residuale, prevale la regola della disponibilità della
giurisdizione da parte del convenuto.
9.7. La soluzione della questione, adottata dalle sentenze delle S.U. n.
23019/2007 e n. 26018/2008, rispetta il principio della ragionevole durata del
processo, di cui all'art. 111 Cost.. Tale principio, per quanto rivolto al
legislatore, ben può fungere da parametro di costituzionalità, con riguardo a
quelle norme processuali, le quali prevedano rallentamenti o inutili passaggi di
atti da un organo ad un altro rispetto al fine primario del processo che
consiste nella realizzazione del "diritto delle parti" ad ottenere una risposta
affermativa o negativa in ordine al bene della vita oggetto della loro contesa"
(Corte Cost. n. 77/2007; nella dottrina anglosassone, vige il principio che
justice is justice on the merits). E' vero che il principio della ragionevole
durata del processo deve essere contemperato con l'esigenza di tutela di altri
diritti costituzionalmente garantiti rilevanti nel processo. In particolare va
rilevato che il principio costituzionale del giudice naturale non è inficiato da
norme processuali, che mentre assicurano alla parte convenuta il potere di
richiederne l'osservanza, non lo onerano a farle, contemporaneamente va
garantito il diritto della parte ad una valida decisione di merito in tempi
ragionevoli (Cass. n. 24833/2008).
9.8. A fronte del ricorso di una parte che non contesta la decisione sulla
giurisdizione, ma solo sul merito (e quindi chiede esclusivamente una decisione
sullo stesso) ed a fronte della posizione del ricorrente incidentale, che chiede
anzitutto che sia mantenuta ferma la decisione sul merito e, solo in caso
negativo, sia rivisitata la decisione sulla giurisdizione, il decidere
preliminarmente la questione di giurisdizione può comportare un irragionevole
allungamento dei tempi processuali per giungere ad una decisione di merito.
Infatti,mentre l'infondatezza dichiarata del ricorso principale esaminato per
primo significa chiudere il processo con un definitivo provvedimento di tutela
nel merito, la fondatezza dichiarata del ricorso incidentale esaminato per primo
significa obbligare la parte interessata a ricominciare il processo da capo
davanti ad altro giudice per ottenere presumibilmente il medesimo risultato
finale, che per lui già era soddisfacente.
A tal fine va osservato che l'ordinamento si va evolvendo verso una
parificazione dei poteri di accertamento e di statuizione dei vari giudici.
10.1. A sostegno dell'operatività del condizionamento del ricorso incidentale
sulla questione di giurisdizione, proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel
merito, milita anche la modifica apportata all'art. 360 c.p.c., dal D.Lgs. 2
febbraio 2006, n. 40. Il comma 3, di tale articolo statuisce, infatti, che "non
sono immediatamente impugnabili con ricorso per cassazione le sentenze che
decidono di questioni insorte senza definire neppure parzialmente il giudizio.
Il ricorso per cassazione avverso tali sentenze può essere proposto, senza
necessità di riserva, allorchè sia impugnata la sentenza che definisce, anche
parzialmente, il giudizio".
Ne consegue che la sentenza che statuisca solo sulla giurisdizione,
affermandola, non è immediatamente ricorribile per cassazione dalla parte
soccombente sul punto; lo diventa solo a seguito di altra sentenza che
definisca, almeno parzialmente, il giudizio e che sia oggetto di impugnazione
dalla parte soccombente. Ciò comporta che, nel caso in cui la parte soccombente
sulla giurisdizione sia diversa da quella soccombente sul merito, la statuizione
affermativa della giurisdizione è veicolata davanti alla Corte dalla presenza di
due ricorsi: il primo è quello della parte soccombente nel merito che permette
alla parte vittoriosa nel merito, ma soccombente sulla giurisdizione, di
proporre con proprio ricorso incidentale la predetta questione pregiudiziale.
Sennonchè, proprio perchè è stata esclusa la possibilità di impugnare
autonomamente la statuizione affermativa di giurisdizione (e come tale non
definente il giudizio), se il ricorso attinente al merito viene rinunziato o
viene dichiarato improcedibile, egualmente non può passarsi all'esame del
ricorso incidentale avverso la decisione sulla giurisdizione, mentre la sorte
del ricorso avverso la decisione sul merito della controversia non dovrebbe
avere rilevanza, ai fini della decisione del ricorso incidentale sulla
giurisdizione, se si opinasse secondo il contrario orientamento che vede come
prioritaria la decisione di quest'ultimo.
10.2. Il principio, di cui alla statuizione di queste S.U. n. 23019/2007, va
quindi sostanzialmente condiviso; esso va solo coordinato con quello affermato
di recente sempre da queste S.U. con sentenza n. 24 883 del 9.10.2 008, in tema
di decisione implicita sulla giurisdizione, tutte le volte che la causa sia
stata decisa nel merito, (per la non estensibilità del predetto principio della
decisione implicita, in conseguenza della decisione nel merito, ad altre ipotesi
di questioni pregiudiziali, v. S.U. n. 26019/2008).
10.3. In definitiva, quindi va affermato il seguente principio di diritto: "Il
ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di
merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle
attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso
condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve
essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o
preliminari di merito, rilevabili di ufficio, non siano state oggetto di
decisione esplicita o implicita (ove quest'ultima sia possibile) da parte del
giudice di merito.
Qualora, invece sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va
esaminato dalla Corte di cassazione, solo in presenza dell'attualità
dell'interesse, sussistente unicamente nell'ipotesi della fondatezza del ricorso
principale".
11.1. Pertanto nella fattispecie il ricorso incidentale della American National
Bank of Chicago (da considerarsi condizionato), avverso la sentenza della Corte
di appello che aveva statuito, peraltro esplicitamente, sulla giurisdizione, va
dichiarato assorbito, essendo risultato infondato il ricorso principale.
11.2. In definitiva va rigettato il ricorso principale e dichiarato assorbito il
ricorso incidentale.
La ricorrente va condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione
sostenute dalle resistenti.
P.Q.M.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il
ricorso incidentale.
Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di
cassazione sostenute dalle resistenti, liquidate, per ciascuna, in complessivi
Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali ed
accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2009.
Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2009