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Localizzazione di centrali nucleari e competenza legislativa regionale

Corte Costituzionale - sentenza 17 novembre 2010 n. 331

La disciplina di localizzazione degli impianti produttivi e di stoccaggio, nonché dei depositi di rifiuti radioattivi, si distribuisce tra Stato e Regioni, ferma restando la necessità di forme di collaborazione all’esercizio delle relative funzioni amministrative che la Costituzione assicura al sistema regionale, e che vanno rinvenute, per il grado più elevato, nell’intesa tra Stato e Regione interessata.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Ugo DE SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 2, della legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 30 (Disposizioni in materia di energia nucleare), dell’articolo 8 della legge della Regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – l. r. n. 9/2007), e dell’articolo 1, comma 2, della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione Campania – Legge finanziaria anno 2010), promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri notificati il 5-11 febbraio, il 20-24 marzo e il 22-24 marzo 2010, depositati l’11 febbraio e il 30 marzo 2010 e rispettivamente iscritti ai nn. 19, 50 e 51 del registro ricorsi 2010.
Visti gli atti di costituzione delle Regioni Puglia, Basilicata e Campania nonché gli atti di intervento della Federazione Precari della Sanità Campana, della FP - CGIL Medici Campania e del CIMO-ASMD (Coordinamento italiano medici ospedalieri-Associazione sindacale medici dirigenti) Regione Campania;
udito nell’udienza pubblica del 19 ottobre 2010 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi l’avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Maria Liberti e Leonilde Francesconi per la Regione Puglia e Vincenzo Cocozza per la Regione Campania.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 5 febbraio 2010 e depositato il successivo 11 febbraio 2010 (reg. ric. n. 19 del 2010), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 30 (Disposizioni in materia di energia nucleare), ed in particolare dell’art. 1, comma 2, in relazione agli artt. 41, 117, secondo comma, lettere d), e), h) ed s), e terzo comma, 118 e 120 della Costituzione, nonché ai principi di sussidiarietà, leale collaborazione e ragionevolezza.
Il ricorrente premette che la legge impugnata, "ed in particolare l’art. 1, comma 2", stabilisce che "nel pieno rispetto dei principi di sussidiarietà, ragionevolezza e leale collaborazione e in assenza di intese con lo Stato in merito alla loro localizzazione, il territorio della Regione Puglia è precluso all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché di depositi di materiali e rifiuti radioattivi".
Tale previsione, nella parte concernente i depositi di rifiuti e materiali radioattivi, pare al ricorrente, sulla base della stessa giurisprudenza costituzionale, lesiva anzitutto degli artt. 117, secondo comma, lettera s) e 120 Cost., poiché la disciplina concernente tale oggetto atterrebbe alla tutela dell’ambiente, e poiché le Regioni non possono adottare misure che ostacolino la libera circolazione delle cose tra le Regioni stesse.
Né gioverebbe alla norma impugnata la previsione che il territorio regionale possa essere sede del deposito, in ipotesi di intesa con lo Stato sulla localizzazione, poiché in ogni caso la legge regionale non potrebbe introdurre un ostacolo neppure temporaneo alla circolazione o al deposito dei materiali e rifiuti in questione.
Per quanto attiene all’installazione di impianti di produzione di energia nucleare e di stoccaggio del combustibile e dei rifiuti radioattivi, l’Avvocatura osserva che tali oggetti rientrano nell’ambito della strategia energetica nazionale affidata dall’art. 7 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, al Governo, e che con l’art. 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), si è provveduto ad avviare il processo normativo di "ritorno al nucleare".
A tale scopo, prosegue il ricorrente, assumono rilievo tre profili: "il cambiamento climatico, la sicurezza dell’approvvigionamento e la competitività del sistema produttivo", che, a propria volta, chiamerebbero in causa, con carattere prevalente, le competenze legislative esclusive dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza, di sicurezza dello Stato, di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di tutela della concorrenza.
Nell’ipotesi che le norme impugnate fossero attribuite alla materia della produzione, trasporto e distribuzionale nazionale dell’energia e del governo del territorio, l’Avvocatura denuncia la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., poiché la previsione dell’intesa "riguardando una scelta di carattere generale, in ipotesi applicabile a tutte le Regioni, atterrebbe comunque alla potestà legislativa concorrente di determinare i principi fondamentali della materia".
Inoltre, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 118 Cost. e dei principi di sussidiarietà, leale collaborazione e ragionevolezza, poiché, quand’anche si fosse resa necessaria la chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative in capo allo Stato, sarebbe spettato alla legge di quest’ultimo la relativa disciplina sull’intesa.
Per la medesima ragione, sarebbe leso anche l’art. 120 Cost., posto che la legge impugnata "inibirebbe" l’esercizio del potere sostitutivo, in caso mancato raggiungimento dell’intesa.
Infine, l’Avvocatura deduce la violazione dell’art. 41 Cost., giacché l’impedimento a realizzare le opere sul territorio regionale lederebbe la libertà di iniziativa economica.
2. – Si è costituita la Regione Puglia, chiedendo il rigetto del ricorso.
La difesa regionale osserva che la legge impugnata appare "rispettosa del principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., che postula il necessario raggiungimento di un’intesa tra Stato e Regioni".
In quest’ottica la Regione Puglia ha dapprima impugnato innanzi a questa Corte l’art. 25, comma 2, lettera g), della legge n. 99 del 2009, nella parte in cui esso consentirebbe la costruzione e l’esercizio di impianti nucleari previa intesa con la sola Conferenza unificata, anziché con la singola Regione interessata; in seguito, ha approvato la legge impugnata, con cui intende altresì rivendicare le proprie scelte programmatiche in materia energetica.
3. – Con ricorso notificato il 20 marzo 2010 e depositato il successivo 21 marzo 2010 (reg. ric. n. 50 del 2010 del 2010), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – l.r. n. 9/2007), ed in particolare, tra le altre disposizioni, dell’art. 8 di tale legge, in relazione agli artt. 41, 117, secondo comma, lettere d), e), h) ed s), terzo comma, 118 e 120 della Costituzione, nonché ai principi di sussidiarietà, leale collaborazione e ragionevolezza.
Il ricorrente premette che l’art. 8 impugnato stabilisce che "in ossequio ai principi di sussidiarietà, ragionevolezza e leale collaborazione, in mancanza di intesa tra lo Stato e la Regione Basilicata, nel territorio lucano non possono essere installati impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare, di stoccaggio di combustibile irraggiato e di rifiuti radioattivi, né depositi di materiali e rifiuti radioattivi".
Tale disposizione viene ritenuta in contrasto con i parametri sopra indicati, con argomenti del tutto analoghi a quelli svolti nel precedente ricorso.
4. – Si è costituita la Regione Basilicata, chiedendo il rigetto del ricorso.
La Regione ritiene che la norma impugnata costituisca disciplina di dettaglio, relativa alla materia concorrente dell’energia, pur "esplicando i propri effetti" anche con riguardo alle materie "governo del territorio, urbanistica, protezione civile e tutela della natura".
Né sarebbe richiamabile la giurisprudenza di questa Corte in tema di normative regionali recanti divieto di transito sul proprio territorio di materiale radioattivo, poiché, nel caso di specie, "non si discute di movimentazione di rifiuti, ma dell’allocazione nel territorio regionale di impianti". Parimenti, "il divieto non riguarda la circolazione di persone e cose", sicché non sarebbe conferente neppure l’art. 120 Cost., mentre l’art. 117, secondo comma, lettera h), Cost. concernerebbe la sola attività di prevenzione dei reati.
La norma impugnata, invece, costituirebbe un’applicazione del principio elaborato dalla stessa giurisprudenza costituzionale, in ordine alla necessità dell’intesa tra Stato e Regione interessata, ai fini della localizzazione degli impianti: tale intesa "ha come parti lo Stato e la Regione Basilicata, e, quindi, non coinvolge altre Regioni".
5. – Con ricorso notificato il 22 marzo 2010 e depositato il successivo 30 marzo 2010 (reg. ric. n. 51 del 2010 del 2010), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione Campania – Legge finanziaria anno 2010), ed in particolare, tra le altre disposizioni, dell’art. 1, comma 2, di tale legge, in relazione agli artt. 41, 117, secondo comma, lettere d), e), h) ed s), e terzo comma, 118 e 120 della Costituzione, nonché ai principi di sussidiarietà, leale collaborazione e ragionevolezza.
Il ricorrente premette che la disposizione impugnata stabilisce che "nel rispetto dei principi di sussidiarietà, ragionevolezza e leale collaborazione e in assenza di intese con lo Stato in merito alla loro localizzazione, il territorio della regione Campania è precluso all’installazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di fabbricazione e di stoccaggio del combustibile nucleare nonché di depositi di materiali radioattivi".
Tale disposizione viene ritenuta in contrasto con i parametri sopra indicati, con argomenti del tutto analoghi a quelli già svolti nei precedenti ricorsi.
Il ricorrente si limita ad aggiungere che la delega conferita dall’art. 25 della legge n. 99 del 2009 è stata esercitata con il d.lgs. 15 febbraio 2010, n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99); che ha già adeguatamente provveduto ad assicurare il coinvolgimento regionale, anche per mezzo di intese.
6. – Si è costituita la Regione Campania, chiedendo il rigetto del ricorso.
La Regione afferma che la norma impugnata rientra nella propria competenza in materia di energia, governo del territorio e tutela della salute, poiché con essa si è voluto "confermare la necessità che l’attuazione di tali incisive scelte strategiche venga effettuata nel rispetto dei principi di leale cooperazione".
Sia la legge delega n. 99 del 2009, sia il d.lgs. n. 31 del 2010 garantirebbero, in tal senso, la partecipazione regionale, con previsioni di cui la norma impugnata non sarebbe che "la conferma".
Considerato in diritto
1. – Con separati ricorsi, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 30 (Disposizioni in materia di energia nucleare), ed in particolare l’art. 1 comma 2 (reg. ric. n. 19 del 2010); l’art. 8, tra altri, della legge della Regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – l.r. n. 9/2007 (reg. ric. n. 50 del 2010); e, tra gli altri, l’art. 1, comma 2, della legge della Regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione Campania – Legge finanziaria anno 2010) (reg. ric. n. 51 del 2010), in riferimento agli artt. 41, 117, secondo comma, lettere d), e), h) ed s), terzo comma, 118 e 120 della Costituzione, ed ai principi di sussidiarietà, ragionevolezza e leale collaborazione tra Stato e Regioni.
I ricorsi hanno per oggetto disposizioni di analogo contenuto, concernenti la preclusione del territorio regionale all’installazione di impianti e depositi nucleari: essi meritano, pertanto, di essere riuniti ai fini di una decisione congiunta.
2. – In via preliminare, va dichiarata inammissibile l’impugnazione, da parte dell’Avvocatura dello Stato, dell’art. 1, commi 1 e 3, della legge della Regione Puglia n. 30 del 2009, dal momento che manca nella delibera del Consiglio dei ministri l’indicazione di tale disposizione e dunque manca l’autorizzazione da parte dell’organo politico deputato in via esclusiva ad individuare l’oggetto della questione di costituzionalità. (fra le molte, sentenza n. 533 del 2002).
3. – Inammissibile è altresì la costituzione in giudizio della Regione Campania, atteso che essa non è stata deliberata dalla Giunta regionale, secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), cui si è adeguato l’art. 51 dello statuto (legge statutaria della Regione Campania 28 maggio 2009, n. 6), ma dal coordinatore dell’Avvocatura regionale (ordinanza letta all’udienza del 25 maggio 2010, nel giudizio definito con la sentenza n. 225 del 2010).
4. – Nel giudizio promosso avverso la legge della Regione Campania n. 2 del 2010 sono intervenuti tre soggetti privati, le cui deduzioni sono tuttavia riferite esclusivamente a disposizioni normative, ivi contenute, diverse dall’art. 1, comma 2, che costituisce il solo oggetto del presente giudizio. Tali interventi non debbono, pertanto, intendersi riferiti alla parte del ricorso che viene decisa in questa sede, sicché essi saranno valutati, anche sotto il profilo preliminare dell’ammissibilità, quando questa Corte sarà chiamata a valutare le censure, cui gli interventi sono relativi.
5. – Sono, invece, da respingere le eccezioni di inammissibilità proposte dalla Regione Puglia, e basate sul duplice rilievo per cui lo Stato non avrebbe indicato i principi fondamentali della materia dell’energia che la Regione avrebbe violato, e avrebbe comunque prematuramente agito in giudizio, senza provvedere a consacrare tali principi tramite apposite disposizioni di legge. Infatti, il ricorrente ha adeguatamente denunciato il carattere di principio della normativa regionale impugnata, con riferimento al divieto di installare impianti nucleari in assenza di intesa, asserendo che tale disciplina eccede i confini della normativa di dettaglio, e frustra le finalità perseguite dalla legge 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia); tutto ciò è sufficiente ai fini della ammissibilità della censura.
6. – Le disposizioni impugnate, con analoghe formule, vietano l’installazione sul territorio regionale di impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, di depositi di materiali e rifiuti radioattivi, salvo che venga previamente raggiunta un’intesa con lo Stato in merito alla localizzazione.
Esse, pertanto, riproducono in parte il contenuto di analoghe norme regionali, finalizzate a precludere la presenza sul territorio di pertinenza di materiali nucleari e già oggetto di sentenze di questa Corte (n. 247 del 2006 e n. 62 del 2005); in altra parte, invece, se ne distinguono, poiché, rispetto alle prime, aggiungono che il divieto non ha carattere assoluto, ma recede, ove sia raggiunta l’intesa tra Stato e Regione interessata.
Tutte le leggi impugnate sono posteriori alla legge delega 23 luglio 2009, n. 99 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia), con cui si è rilanciato nel nostro Paese il processo di utilizzazione dell’energia nucleare, ed anteriori al decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99), che ha conferito attuazione alla delega.
Le Regioni Puglia e Basilicata non si sono limitate ad impugnare innanzi a questa Corte l’art. 25, comma 2, della legge n. 99 del 2009, nella parte in cui esso avrebbe consentito di realizzare impianti nucleari, in assenza di intesa con la Regione interessata. Tali Regioni hanno altresì cercato di paralizzare gli effetti della disciplina statale, introducendo con propria legge un contenuto normativo corrispondente, per tale profilo, all’assetto del rapporto con lo Stato, da esse ritenuto il solo conforme a Costituzione; la Regione Campania ha invece provveduto in tale ultimo senso, senza neppure impugnare la legge delega.
Il ricorrente ritiene che, in tal modo, siano stati violati gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., dal momento che la disciplina di localizzazione degli impianti, ed in particolare l’introduzione dell’intesa a tal fine, costituirebbe principio fondamentale della materia concorrente relativa alla produzione dell’energia.
Sarebbero, inoltre, invase, quanto agli impianti nucleari, le competenze esclusive statali in materia di sicurezza dello Stato, tutela della concorrenza, tutela dell’ambiente, ordine pubblico e sicurezza (art. 117, secondo comma, lettere d, e, h ed s, Cost.), cui il ricorrente ascrive in via prioritaria la normativa concernente l’energia nucleare, mentre con specifico riferimento ai siti di rifiuti radioattivi si evoca il solo art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
Inoltre, sarebbe leso l’art. 120 Cost., in relazione ai principi di sussidiarietà, ragionevolezza e leale collaborazione, posto che le leggi impugnate avrebbero ostacolato la libera circolazione del materiale radioattivo sul territorio nazionale.
Infine, sarebbe violato l’art. 41 Cost., in ragione di un’ ingiustificata limitazione alla libertà di iniziativa economica delle imprese operanti nel settore.
7. – Le questioni basate sull’ artt. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma Cost., sono fondate.
Questa Corte, con la sentenza n. 278 del 2010, ha già chiarito a quali titoli di competenza vadano ascritte disposizioni normative concernenti il settore dell’energia nucleare e dei rifiuti radioattivi. Quanto a questi ultimi, in particolare, si è ribadito, in conformità alla precedente giurisprudenza (sentenze n. 247 del 2006 e n. 62 del 2005), che si verte nella materia, di competenza esclusiva statale, "tutela dell’ambiente e dell’ecosistema" (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), mentre, con riguardo agli impianti di produzione, un giudizio di prevalenza ha condotto ad indicare come prioritaria la materia, a riparto concorrente, della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia", di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenza n. 278 del 2010, punto 12 del Considerato in diritto).
La disciplina di localizzazione degli impianti produttivi e di stoccaggio, nonché dei depositi di rifiuti radioattivi, si distribuisce pertanto tra Stato e Regioni secondo tali coordinate, ferma restando la necessità di forme di collaborazione all’esercizio delle relative funzioni amministrative che la Costituzione assicura al sistema regionale, e che vanno rinvenute, per il grado più elevato, nell’intesa tra Stato e Regione interessata.
La disciplina normativa di queste forme collaborative e dell’intesa stessa, spetta, di conseguenza, al legislatore che sia titolare della competenza legislativa in materia: si tratta, vale a dire, del legislatore statale, sia laddove questi sia chiamato a dettare una disciplina esaustiva con riferimento alla tutela dell’ambiente, sia laddove la legge nazionale si debba limitare ai principi fondamentali, con riferimento all’energia.
Anche in quest’ultimo caso, infatti, determinare le forme ed i modi della collaborazione, nonché le vie per superare l’eventuale stallo ingenerato dal perdurante dissenso tra le parti, caratterizza, quale principio fondamentale, l’assetto normativo vigente e le stesse opportunità di efficace conseguimento degli obiettivi prioritari, affidati dalla Costituzione alle cure del legislatore statale.
Né può dirsi, come fa la difesa della Regione Puglia, che il carattere costituzionalmente dovuto dell’intesa renderebbe privo di rilievo il fatto che essa sia stata prevista espressamente dalla legge regionale, anziché da quella nazionale.
Questo modo di ragionare confonde, infatti, due questioni diverse, ovvero i vincoli costituzionali che il legislatore è tenuto ad osservare, da un lato, e la competenza legislativa a disciplinare una fattispecie in accordo con detti vincoli, dall’altro lato.
Se, con riguardo al primo profilo, questa stessa Corte ha evidenziato la necessità di garantire adeguate forme di coinvolgimento della Regione interessata (sentenza n. 278 del 2010, punto 13 del Considerato in diritto), con riguardo alla seconda questione, è evidente che a tale compito dovrà attendere il legislatore cui spetta la relativa competenza in base all’art. 117, secondo comma, lettera s) Cost., ossia il legislatore statale. Va poi da sé che le scelte così compiute potranno essere sottoposte al vaglio di costituzionalità che spetta a questa Corte, ove ritenute non rispettose dell’autonomia regionale, ma che, in nessun caso, la Regione potrà utilizzare «la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura dannosa o inopportuna, anziché agire in giudizio dinnanzi a questa Corte, ai sensi dell’art. 127 Cost.» (sentenza n. 198 del 2004).
In effetti, successivamente alle disposizioni censurate nei presenti ricorsi, il legislatore statale ha operato nel senso sopra indicato con il d.lgs. n. 31 del 2010, nel quale andrà rinvenuta, in rapporto con la legge delega n. 99 del 2009, la vigente disciplina di realizzazione degli impianti e dei depositi, eventualmente assoggettabile al controllo di questa Corte.
Del resto, non è immaginabile che ciascuna Regione, a fronte di determinazioni di carattere evidentemente ultraregionale, assunte per un efficace sviluppo della produzione di energia elettrica nucleare, possa sottrarsi in modo unilaterale al sacrificio che da esse possa derivare, in evidente violazione dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale.
Pertanto, le disposizioni impugnate contrastano con l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. nella parte in cui disciplinano i depositi di materiali e rifiuti radioattivi, e con l’art. 117, terzo comma, Cost., nella parte relativa agli impianti di produzione, fabbricazione, stoccaggio dell’energia nucleare e del combustibile, e vanno conseguentemente dichiarate costituzionalmente illegittime, con assorbimento di ogni altra residua censura.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi;
riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di costituzionalità promosse nei confronti della legge della Regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale d.lgs.3 aprile 2006, n. 152 – l. r. n. 9/2007) e della legge della regione Campania 21 gennaio 2010, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione Campania – Legge finanziaria 2010);
dichiara inammissibile la costituzione in giudizio della Regione Campania;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 30 (Disposizioni in materia di energia nucleare);
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Basilicata n. 1 del 2010;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, della legge della Regione Campania n. 2 del 2010;
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 3, della legge della regione Puglia n. 30 del 2009, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 41, 117, secondo comma, lettere d), e), h) ed s), e terzo comma, 118 e 120 della Costituzione, ed ai principi di sussidiarietà, ragionevolezza e leale collaborazione tra Stato e Regioni, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 novembre 2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente e Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 17 novembre 2010.

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